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20 lug 2015

Gorret: un prete-alpinista fra gloria e punizioni

di Luciano Caveri

Il "Grande Seminario" di Aosta, in via Xavier De Maistre 17, ha oggi un pugno di seminaristi, che si formano ormai fuori Valle. Segno della grave crisi nelle vocazioni che sembra ormai irreversibile. Nulla a che fare con l'enorme attrazione verso il Clero del passato, che ha fatto sì che la società valdostana abbia avuto nella Chiesa una delle componenti del proprio scheletro e numerosissimi protagonisti di spicco nella storia locale fin dall'affermarsi del cristianesimo. Così, riferendoci in questi giorni alle prime scalate del Cervino, come non ricordare l'Abbé Gorret. Così lo ricorda Alexis Bétemps in un suo articolo: "In Valle d'Aosta, si diceva che a Valtournenche, ai piedi del Cervino, prima o dopo il battesimo poco importa, i genitori scagliassero il neonato maschio contro una parete rocciosa: se si fosse aggrappato, ne avrebbero fatto una guida, altrimenti un prete... Probabilmente, quando nel 1836 il padre lanciò il piccolo Aimé questi si aggrappò in un primo momento, poi si lasciò cadere poiché divenne prete e alpinista".

Prosegue poi: "Nato in una famiglia modesta, Aimé ebbe un'infanzia laboriosa, come tutti i bambini di allora: pastorello a Cheneil, qualche lavoretto in famiglia, il catechismo, lo studio, per il quale denota attitudini spiccate, e le corse attraverso le pietraie con i suoi coetanei. Giovanissimo, incontra i suoi primi inglesi. Con l'umorismo che gli è proprio, racconterà in seguito di aver conosciuto moltissimi inglesi in generale, ma anche inglesi-tedeschi, inglesi-svizzeri, inglesi-francesi e perfino inglesi-italiani!". Lo stesso Gorret così si racconta: "Moi, j'ètais fasciné par le Mont Cervin, le Breithorn, le Chàteau des Dames, le Grand Tournalin qui est pourtant bien petit en ligne du Monte Rose. J'avais beau me tourner et me retourner, mes yeux revenaient instinctivement aux belles montagnes de Valtournenche, et le Mont Cervin me servait toujours de point de dèpart et de terme d'arrivée, dans la contemplation de l'immense panorama qui se déroulait sous nos yeux". Gorret così viene evocato in un passaggio sulla sua figura sulla "Treccani" da Andrea Zannini: "Carattere anticonformista e individualista, il Gorret si rese subito inviso ai superiori, che senza abilitarlo alla predicazione gli assegnarono come prima destinazione il vicariato della cura di Champorcher. Uomo di cultura non comune, sacerdote di spiritualità profonda ma tormentata, ebbe modo nei tre anni che passò in questa sede, a suo dire i migliori della sua vita, di frequentare Vittorio Emanuele II, che amava passare lunghi periodi a caccia in quelle zone e che non disdegnava la compagnia del giovane religioso, instancabile camminatore e cantore entusiasta delle sue montagne. Nel 1864 venne inviato come vicario a Saint-Pierre, l'anno successivo a Cogne, iniziando quella lunga peregrinazione che lo avrebbe condotto un po' ovunque nella regione, con la fama di prete scomodo per la sua rude franchezza e i comportamenti stravaganti (leggendaria la sua attrazione per il bere)". Poi la fama che passa dal Cervino e dal l'epopea della battaglia per la sua conquista: "Il 1865 è l'anno che lega il nome del Gorret all'epopea della conquista del Cervino. La sua esperienza alpinistica era sino allora consistita in un certo numero di ascensioni, non impegnative tecnicamente. Nel 1857 aveva tuttavia preso parte, insieme con Jean-Antoine Carrel, detto "il Bersagliere", e con lo zio di questo, Jean-Jacques, alla salita della Testa del Leone (3.715 metri), robusta anticima alla base della cresta sud-ovest del Cervino. Il ruolo svolto dal giovane seminarista, in questo che viene considerato storicamente il primo tentativo di cercare una via per la vetta, non dovette essere passivo: lo slancio e l'entusiasmo del Gorret per "cette idée d'ascension, qui faisait sourire tout le monde de pitié, que l'on regardait comme une folie" risultarono tuttavia determinanti qualche anno dopo, quando, vicario a Cogne, egli poté approfittare di una lunga vacanza estiva. Come è noto, nel luglio 1865, dopo ripetuti tentativi, il raggiungimento della vetta appariva ormai a portata di mano: vi aspiravano, in competizione, l'alpinista inglese Edward Whymper, che aveva compiuto vari tentativi assoldando "il Bersagliere", e gli stati maggiori del neonato "Club alpino italiano - Cai", che, puntando anch'essi sull'esperienza di Jean-Antoine Carrel, non intendevano lasciare anche quest'ultima grande vetta agli alpinisti britannici. Ritenendo concluso il proprio impegno con Whymper, il Carrel si pose al servizio dell'ingegnere Felice Giordano che da Breuil, in continuo contatto con Quintino Sella, fondatore del "Cai", organizzò una spedizione lungo il versante italiano. L'11 luglio 1865 venne sferrato l'attacco alla cresta del Leone. Dopo tre giorni, giunto sulla spalla detta Pic Tyndall (4.241 metri), il Carrel scorgeva però sulla vetta alcune figure: era Whymper che, rivoltosi alle guide di Zermatt, era riuscito a forzare la via per la cresta svizzera. Sulla via del ritorno, quattro dei sette componenti la cordata anglo-elvetica rimanevano vittime di un tragico incidente. Gli italiani, invece, rientrati a Breuil, decisero, su pressione del Giordano e soprattutto del Gorret, di formare una nuova spedizione guidata dal Carrel, alla quale presero parte lo stesso Gorret e due portatori, Jean-Baptiste Bich e Jean-Augustin Meynet. Spinta da motivazioni in parte economiche e in parte, a detta del Gorret, di "vengeance nationale", la comitiva risalì al Pic Tyndall e, grazie al Meynet e allo stesso Gorret che si fermarono sotto un tratto di parete aperta per rendere possibile il ritorno, giunse il 18 luglio - con i soli Carrel e Bich - in vetta". Possiamo dire, senza turbare il nazionalismo italiano, che a salire sulla cima fu una cordata valdostana? Certo la fama travolse il nostro Abbé, che scrisse molto e tenne conferenze, divenendo una celebrità. Ma come prete pagò caro il suo carattere bizzarro e finì "punito" nella parrocchia antica ma periferica di Saint-Jacques d'Ayas. Così conclude Zannini: "Vi passò un ventennio, peggiorando nel carattere e nei costumi, riducendo gradualmente, anche a causa di vari disturbi di salute, l'attività alpinistica e giornalistica, in una sorta di esilio dal quale firmava gli articoli con lo pseudonimo di "ours de la montagne". Il Gorret morì a Saint-Pierre, dove negli ultimi anni era stato trasferito presso l'ospizio per i preti poveri, il 4 novembre 1907". Un personaggio con molte luci e con qualche ombra, ma certamente straordinario e irripetibile.