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07 giu 2015

Viva la Radio!

di Luciano Caveri

Il Consiglio Valle, attraverso il "Co.Re.Com.", festeggia - in verità con un anno di ritardo - i novant'anni della Radio in Italia. Ma credo che si possa dire che il 2015 vale per evocare l'anniversario dalla nascita, avvenuta nel 1975, delle prime radio private (allora si diceva con enfasi: "radio libere"). Se sulla prima parte ho poco da dire, se non ricordare quella che fra l'estate e l'autunno del 1944 lanciò il proprio segnale come "Radio Cogne", emittente della Repubblica partigiana, con la voce di Dudo Dolchi e le musiche, fra gli altri, di Nadyr Vietti, sulla seconda storia posso dire, da reduce, che «io c'ero!».

"Fare la radio" appariva allora come la realizzazione di un sogno. Chi, come me, era nato nel monopolio radiofonico della "Rai", la possibilità di ascoltare altre radio era affidata ad emittenti estere, come "Radio Lussemburgo" o "Radio Montecarlo" ed all'esplorazione dell'etere cercando radio, come "Radio Mosca" o "Radio Tirana", che trasmettessero in italiano. Ma in FM c'era solo la "Rai". Quando poi ci fu la liberalizzazione, che creò per anni una situazione di occupazione selvaggia, la mia generazione ebbe il privilegio di poter provare un brivido collettivo - non riportabile ad altre innovazioni come Internet - che voleva dire trasmettere, parlando ad un microfono in uno spazio sino ad allora assolutamente riservato. La prima volta che ero finito in uno studio radio, per caso per protestare contro il malfunzionamento della ferrovia valdostana (ma davvero?), era proprio nei vecchi e sontuosi studi radio di via Chambéry ad Aosta con il giornalista Daniele Amedeo. La "Rai" ai miei occhi appariva come un Ministero, severo e irraggiungibile e l'idea di aver "parlato alla Radio" o meglio alla "Voix de la Vallée", sottofondo di tanti pranzi in famiglia, faceva impressione. Impressione tutta diversa fu entrare, qualche anno dopo, nella banda di "Frequenza Modulabile" di "Radio Saint-Vincent", in viale Piemonte nell'albergo del proprietario dell'emittente, Daniele Bernini. Io, anzi noi, facevamo la Radio! La nostra voce attraversava la Valle ed era un'emozione difficile da descrivere e solo l'innocenza e la scapigliatura da adolescenti ci dava la forza di fare, in una sorta di autogestione responsabile, quel che facevamo, senza la necessaria preparazione, ma buttandoci in un'avventura straordinariamente formativa. Portai poi questa piccola esperienza sulle frequenze, già messo in regola con i contributi, a "Radio Reporter 93" di Torino e successivamente, per una serie di fortunate combinazioni, a quei microfoni della "Rai" dov'ero stato da ragazzino. Quando poi ho fatto politica, che "Radio Monte Rosa" a Issogne o "Top Italia Radio" ad Aosta, qualche spazio radiofonico, prima di tornare ai microfoni "Rai", l'ho sempre tenuto vivo, come si fa con quello che poteva essere considerato un primo amore. Per cui, francamente, certi festeggiamenti fra passato e futuro mi fanno piacere, sapendo che la Radio è ben viva e lotta insieme a noi, anche se cambiano tecnologie e approcci, com'è giusto che sia, perché la radiofonia si evolve e si adegua all'evoluzione del resto della società e in primis alle esigenze degli ascoltatori. A me, comunque, "fare la radio" diverte ancora e penso che lo farò sin quando possibile.