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11 dic 2014

Roma Capitale: lo scenario diverso del federalismo

di Luciano Caveri

Pierre - Joseph Proudhon, federalista del passato, all'epoca della discussione risorgimentale, cercò - con il suo linguaggio franco e spesso criticabile (come il suo antisemitismo e la sua misoginia) - di mettere in guardia la politica italiana sulla deriva centralistica e pure sul ruolo sia simbolico che concretissimo di una città come Roma. Ed invece prima nell'Italia liberale, poi con la tronfia retorica fascista e poi con un crescendo dal dopoguerra ad oggi, la situazione della "valorizzazione" di Roma avviene con foga per poi piangerne di fronte agli scandali, l'ultimo dei quali - punta dell'iceberg - è "Mafia Capitale". Sotto il profilo costituzionale, la premessa al patatrac è stata la vigente modificazione costituzionale del 2001, quando in Costituzione spunta questa norma: "Roma è la capitale della Repubblica. La legge dello Stato disciplina il suo ordinamento". La successiva applicazione è l'esaltazione dell'autonomia della Capitale e delle sue istituzioni particolari con grande generosità finanziaria, quando già si sapeva che l'indebitamento Scriveva ieri sul "Corriere della Sera" Sergio Rizzo, in un duro editoriale di prima pagina, che così recita: "C'è un dubbio che oggi, dopo il raccapricciante spettacolo di "Mafia Capitale", a maggior ragione ci attanaglia. Siamo sicuri che aver salvato Roma dal fallimento sia stata una scelta giusta? Il commissario al debito Massimo Varazzani argomenta che con il dissesto della Capitale d'Italia si sarebbe rischiato il declassamento del debito sovrano, con relativa impennata della spesa per interessi e costi ancora maggiori. Pericolo che del resto, vista la nostra situazione economica, è perennemente incombente. E ieri ne abbiamo avuto la prova. Ma il ragionamento di Varazzani non fa una piega. Al tempo stesso non si può, né si deve, sorvolare sulle conseguenze di quei salvataggi. L'ispettore spedito un anno fa dalla Ragioneria a fare le bucce al bilancio del Campidoglio ha concluso che il commissariamento del debito con gli interessi accollati allo Stato si sia tradotto in un incremento della spesa corrente arrivato nel 2012 a ben 641 milioni: il costo di 13mila dipendenti comunali. Per non parlare delle municipalizzate, con l'Atac bisognosa di continue trasfusioni di denaro. Mentre per l'Ama, l'azienda dei rifiuti già affidata a quel Franco Panzironi stipendiato con 545mila euro ed ora fra i nomi di spicco dell'inchiesta, parlano chiaro le slavine di 1.644 assunzioni e 1.700 stabilizzazioni di precari. E se non c'è la prova che un fallimento (per cui all'epoca secondo gli ex esponenti della giunta Veltroni messa sotto accusa da Alemanno non esistevano presupposti) avrebbe impedito corruzione, ruberie e malversazioni, di sicuro le avrebbe rese più difficili". Mi fermo qui, essendo le conclusioni scontate, ma fatemi aggiungere solo che in un'epoca in cui si criticano le "autonomie speciali" c'è un inquietante silenzio sulla "specialità" di Roma, cui ha corrisposto l'esito appena esposto. Verrebbe voglia, perciò e sul caso, di citare quella frase, in un articolo su di uno scandalo ottocentesco, di Giosuè Carducci: «Salvateci dal fango che sale, che sale, che sale». Ma si sa che, su Roma, sembra prevalere, passata la vicenda scandalosa del momento, il grido di Garibaldi, storpiato da Mussolini per la celebre marcia su Roma, «O Roma o morte!». Mentre meglio ricordare quel titolo, diventato purtroppo proverbiale, di una celebre inchiesta degli anni Cinquanta de "L'Espresso" che suonava "Capitale corrotta = Nazione infetta" attraverso un'inchiesta (1956) sulla speculazione edilizia a Roma.