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09 gen 2014

Per i nativi digitali

di Luciano Caveri

Il piccolo Alexis, ancora di più dei suoi fratelli, è da considerarsi un "nativo digitale". Basta vederlo all'opera con un tablet o un palmare fra le manine: va come un vero e proprio razzo, passando da giochi a filmati in un batter d'occhio, a soli tre anni. Se il buongiorno si vede dal mattino... Naturalmente, modus in rebus, l'accesso a queste nuove tecnologie è per lui contingentato per evitare che diventi un'ossessione e aggiungerei che ci sono nell'uso regole di vigilanza adatte all'età. Vedo troppo spesso, come poteva già avvenire con la televisione, dei bambini posteggiati davanti allo schermo, come se si trattasse di una baby sitter elettronica, cui appaltare una specie di guardiania passiva. Ovvio, in più, che gli affianchi al digitale la scoperta dei libri cartacei e ce ne sono di bellissimi e stimolanti, oltreché non va dimenticata la forza dell'oralità, come sono le mie favole, inventate e raccontate prima di dormire. La "Treccani" così definisce un nativo digitale: "chi è abituato fin da giovane o giovanissimo a utilizzare le tecnologie digitali, essendo nato nell'era della Rete e di Internet". La stessa "Treccani" cita, a questo proposito, un articolo, citandone la fonte, che così articola le diverse tipologie: "Dai dati del report di ricerca, emergono, infatti, tre tipologie differenti di nativi digitali, che segnano la transizione dall'analogico al digitale dei giovani nei paesi sviluppati: a. I nativi digitali puri (tra 0 e 12 anni); b. i Millennials (tra 14 e 18 anni); c. I nativi digitali spuri (tra 18 e 25 anni). (Paolo Ferri, Wired.it, 16 novembre 2010, Internet)". Poi si cita un articolo più recente del "Corriere della Sera": "in principio c’erano i tardivi digitali (cresciuti senza tecnologia e tutt'ora scettici sul suo utilizzo), gli immigrati digitali (anche questi nati in un mondo analogico, ma ormai adattatisi a usare le ultime novità tecnologiche) e i nativi digitali (che con computer, internet e cellulari hanno a che fare dalla nascita)". Insomma: io sono un immigrato e l'ultimogenito un nativo puro. Il fatto di essere un nativo, come già in parte per i miei altri due figli, che sono saliti sul digitale in corsa, pone un problema serio di coordinamento con la scuola. Si porrà sempre di più un problema di ritardo fra la vita quotidiana e l'uso diffuso del digitale e quanto, invece, riguarda ancora, pur con parecchie e crescenti eccezioni, il mondo dell'istruzione, spesso fermo per diverse ragioni, sia tecnologiche ma anche per forme di analfabetismo digitale di una parte, spero ormai minoritaria, di chi opera nella scuola. Ci vuole un salto di qualità per evitare che i nativi digitali finiscano per non capire certo "vuoto digitale" nella scuola.