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06 gen 2014

Idea giusta, ma scopri l'errore

di Luciano Caveri

Seguo con curiosità su "Twitter" esponenti politici di vario livello. Direi che risulta evidente, leggendo quanto viene scritto per un certo periodo, quando a scrivere sia chi firma l'account (cioè il proprio "conto" o meglio profilo) oppure uno o più collaboratori lo fanno per lui. Trovo interessante chi rende nota questa presenza di supporto, facendo firmare i messaggi non suoi con la scritta chiarificatrice "staff". Ci sono Paesi nel mondo dove, anche se in apparenza non c'è la furia antipolitica dell'Italia attuale, molto più pragmaticamente un politico che si dimostra bugiardo - anche su piccole cose, perché se emergono reati neanche ci sono dubbi - se ne va a casa.

Mentre, nel caso italiano e la Valle d'Aosta non fa eccezione, l'opinione pubblica è troppo spesso "can che abbaia non morde". Comunque sia in Italia sui "social" ci sono tante controfigure, ma certi politici, digiuni di tecnologie e uso dei social, fanno finta di niente su questa circostanza, ma è facile individuare il falso. Mi veniva da sorridere, a questo proposito, quando uno di questi politici "con ventriloquo" ha detto, giorni fa, che nel 2014 bisogna pensare ai 100 anni dall'inizio della Prima Guerra mondiale. Osservazione giusta, se non fosse che, nel caso italiano, la data è diversa: l'Italia, infatti, nel primo anno di guerra scelse la strada ponziopilatesca della neutralità, pur in presenza di un quadro politico caotico e contraddittorio sull'intervenire o no in quella che sarebbe dovuta essere una guerra rapida e invece straziò l'Europa sino al 1918.
Nella Grande Guerra, dunque, l'Italia entrò solo nel Maggio del 1915 e perciò il secolo, trascorso da allora, per l'Italia sarà di conseguenza l'anno prossimo e non quest'anno. L'occasione sarà certo interessante: temo che per le generazioni più giovani la Prima Guerra mondiale sia così remota, come potevano per me esserlo le Guerre d'Indipendenza. Io ho avuto la fortuna di conoscere ancora i reduci della Guerra 15-18, ormai tutti scomparsi e ascoltare dal vivo le loro memorie di quella serie di avvenimenti terribili. Una lezione di vita salutare, specie se applicata ad una piccola comunità come quella valdostana, che pagò un terribile contributo di sangue in quelle battaglie nelle trincee dall'altra parte delle Alpi. Per cui, al di là dell'inesattezza segnalata all'inizio, concordo che i 100 anni dovranno essere un'occasione per trasmettere ai giovani e non solo il senso di quegli avvenimenti e anche riflettere - e gli spunti potranno essere molteplici - sull'impatto storico e sociale su una piccola realtà come quella valdostana. Nulla, anche da noi, fu più come prima. La storia collettiva e quella familiare si incrociarono per la prima volta in una logica partecipativa piena di paure e lutti. Una Guerra Mondiale che irrompeva spesso nelle vite delle persone con un terribile messaggero: il telegramma, che annunciava la scomparsa di un proprio caro.