Utilizziamo i cookie per personalizzare i contenuti e analizzare il nostro traffico. Si prega di decidere se si è disposti ad accettare i cookie dal nostro sito Web.
10 apr 2013

L'autonomista camaleonte

di Luciano Caveri

Le mode, anche in politica, vanno e vengono. Pensate agli ultimi vent'anni, senza andare troppo distante, e a quante "parole d'ordine" si siano succedute e a come molte di queste abbiano finito per infrangersi, come le onde sul bagnasciuga, sino ai confini della Valle d'Aosta, penetrando - com'è ovvio che sia - nel dibattito politico locale. Questo è avvenuto anche con il frenetico avvicendarsi di formazioni politiche, nel periodo post "Tangentopoli", quando la partitocrazia italiana è andata in fibrillazione e da allora lo scenario è spesso mutato con rapidità. Alla sostanziale stabilità, durata un po' meno di mezzo secolo nella storia repubblicana, si è succeduto un "movimentismo liquido". Oggi gli slogan sono facilmente riassumibili: "costi della politica", "rottamazione", "no grandi opere", "legalità" e "diminuzione delle tasse". Li cito alla rinfusa e ognuno potrebbe aggiungerne qualcuno. Sono il segnale, come le bandiere sui pennoni, dell'epoca che viviamo. Trovo che sia naturale che ciò avvenga e che ognuno segua filoni che si ritengono redditizi in termini di consenso e di partecipazione. Il mondo delle idee è sempre stato così ed è normale che, in certi frangenti, su certi temi si accentri l'attenzione e ci sia un'osmosi che attraversa i diversi schieramenti. Il caso di scuola in Valle d'Aosta è il termine "autonomia", ormai trasformato in una sorta di tavolozza di un pittore. Per dire che la stessa cosa viene rappresentata con tali e tante diversità da aver creato la situazione paradossale che, con il semplice dirsi autonomisti, non si dice nulla di preciso e circostanziato. Avviene cioè una svuotamento della parola, come può capitare per l'uso della parola "formaggio", cui bisogna aggiungere necessariamente la specificazione di quale prodotto si tratti, vista la varietà possibile. Sin qui niente di male. Quel che manca, spesso, è proprio - nella politica rossonera - questo secondo passaggio. Si usa, come slogan, la dizione "autonomia" senza poi dire quale sia e quale, soprattutto, dovrebbe essere, perché la visione dell'avvenire è quella che determina la scelta di un elettore. Per questo spero che questo tema del "Quale autonomia?" sarà al centro della scena delle prossime elezioni regionali per aiutare a capire e non per far credere che tutti si sia autonomisti allo stesso modo. Le differenze ci sono e sono grandi e bisogna contrastare la formula ritenuta vincente del mimetismo politico, che si fa forte delle apparenze per nascondere la sostanza. Insomma, la figura dell'autonomista camaleonte.