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02 gen 2013

En attendant Godot

di Luciano Caveri

So bene quanto sia facile dire, sulla base della mia lunga carriera, che sono ormai un "vecchio arnese" della politica. Poi mi guardo attorno e - sarà solo perché ho cominciato presto - ma non mi trovo particolarmente decrepito e penso che il "nuovismo" sia giustissimo ma bisognerebbe forse fare attenzione sul fatto che ogni transizione prevedesse che tra "vecchi" e "giovani" ci fosse un passaggio di consegne. Dico questo in un periodo di "sospensione", in cui - sono onesto - non so bene che cosa farò, al di là degli aspetti fondativi di una nuova formazione politica in cui riconoscere quei valori per i quali mi sono battuto, altrove offuscati «malgré moi».

So che questo processo di rinnovamento è stato reso difficile dalla tentazione della partitocrazia gerontocratica si sopprimere i giovani in culla per evitare di avere dei competitori. Per altro conosco giovani e vecchi in gamba e giovani e vecchi incapaci in una "par condicio" che nulla ha a che fare con la sola condizione anagrafica. Esempio lampante è César Dujany - classe 1920 - che ancora di recente ha dimostrato in pubblico di come si possa essere "padri nobili" di grande lucidità ad età avanzata e dare punti a giovani ambiziosi ma con la zucca vuota. Insomma sono per il "juste milieu" fra generazioni, sapendo che i giovani vanno motivati e bisogna poter parlare il loro linguaggio e nel contempo bisogna tenere conto, nell'equilibrio generazionale, di una società in rapido invecchiamento e dunque le "pantere grigie" conteranno sempre più al momento del voto e ci vogliono sistemi equilibratori per evitare che la società diventi squilibrata e troppo conservatrice. Per questo è necessario il rinnovamento, sapendo quanto ogni progetto debba essere sospeso fra passato e futuro. Sono molti anni che nella logica di «non disturbare il manovratore» la lingua più adoperata in voga ora in Valle d’Aosta - tranne pochi alla fine considerati "rompiballe" - quella del silenzio. Capisco la fiducia nelle figure dei leader carismatici, ma preferisco una logica più vasta di équipe per affrontare la complessità delle sfide in corso. Se qualcuno preferisce una modellistica diversa fa bene a perseguirla, ma chi non ci crede non può essere tacciato di "tradimento" per la sola ragione che si è stufato della logica della genuflessione e pure di quella della "dissidenza" interna che poi sfocia alla fine nel semplice dileggio e mai nell'ascolto delle ragioni altrui. Saranno gli eventi a dimostrare se si può cambiare o se si deve restare inchiodati a questa situazione, «en attendant Godot».