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02 set 2012

La mensolina delle conchiglie

di Luciano Caveri

Nelle estati della mia infanzia ad Imperia prima ci furono i sassolini. Con i miei cugini li raccoglievamo nella spiaggia della Galeazza ad Oneglia, dove cercavamo quelli più belli, come colore e come forma, e finivano infilati in damigianette di vetro per l'olio a Castelvecchio. Erano ricercati quelli verdi in genere vetri levigati dal mare, quelli bianchi candidi o quelli neri come la pece e andavano per la maggiore quelli perfettamente tondi o quelli a forma di cuore. Se chiudo gli occhi mi viene a mente quello sciabordio dell'onda sulla riva che trascina proprio i sassi in un rumore che testimonia il moto perenne del mare. Poi, invece, con le spiagge di sabbia di Porto Maurizio, le protagoniste da collezionare erano le conchiglie, dapprima raccolte prestissimo sul bagnasciuga e messe nel secchiello e poi, da grandicello, prelevate dal fondale con la maschera. Ricordo, quando mi ero fatto esperto, le tracce zigzaganti sulla sabbia dei paguri che ne indicavano la presenza. Li prendevi, li portavi sulla spiaggia tenendoli nel pugno e poi, con sadismo infantile, facevi uscire il granchietto soffiando dentro la conchiglia e lo estraevi prendendolo dalla minuscola chela. A quel punto la conchiglia era pulita e evitavi la putrefazione. Ma conchiglie particolarmente belle si trovavano verso la spiaggia libera, dove resisteva - per poi finire distrutta negli anni - un rimasuglio di costa più selvaggia con scogli che consentivano sorprese rispetto alla monotonia della spiaggia sabbiosa. Dovevamo fare attenzione a non toccare gli urticanti "pomodori di mare". Ma le conchiglie più stupefacenti della mia infanzia le vedevo quando con mia madre andavamo al porto a trovare il "dottor Ninito" (Giuseppe Demaurizi), un medico che amava fare il pescatore sul suo gozzo ("gusso" in dialetto). Lo ricordo mentre riparava le reti con un grosso ago e l'eterna sigaretta in bocca e a fianco a lui, in questa rimessa, c'erano conchiglie gigantesche e colorate, rimaste impigliate durante la pesca. A fine stagione, ripartivo per la Valle d'Aosta con le conchiglie più belle, che finivano su di una mensolina di vetro all'ingresso di casa, come un pezzo di mare trasferito lì apposta per conservare il ricordo anche in mezzo alle montagne. Quando ho avuto la fortuna di vedere conchiglie incredibili in mari tropicali, ero ormai "politicamente corretto": le guardavo e le lasciavo lì. Ma questo non fa venire meno lo stupore per geometrie e colori di questi oggetti-creature del mare. In fondo applicabile alla vita e ai suoi misteri insondabili. Come dice Kahlil Gibran: «siamo ancora intenti a studiare le conchiglie, come se fossero tutto ciò che emerge dal mare della vita e si deposita sulla riva del giorno e della notte».