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27 ago 2012

Capire i cambiamenti climatici

di Luciano Caveri

Leggeremo a giorni i dati sugli scorsi mesi estivi per misurare se e quanto le sensazione di un caldo micidiale siano confermate. Nel mio piccolo, per pura curiosità, ho seguito quel dato dello "zero termico" per diversi giorni e le conseguenti temperature ad alta quota che confermano il caldo sulle montagne come nel fondovalle. Qualche giorno fa, nel suo ufficio in mezzo alle vigne ad Aymavilles, ho incontrato il grande viticoltore Costantino Charrère che aveva di fronte a sé i dati delle sue uve che confermavano una vendemmia anticipata sino ad ora. Il clima quasi tropicale fa soffrire le viti come gli uomini e nella mia ignoranza credo di aver capito che o si vendemmia o l'acino, il cui grado zuccherino non si alza più, si rovina irrimediabilmente.

Ho visto Costantino combattivo (sta ampliando la sua cantina anche a beneficio di una parte educativa per il "bere bene") ma preoccupato per questa natura balzana. Ricordo che l'anno scorso commentammo questo caldo che avviluppa l'Europa e ha spinto più in alto la linea della vite, creando nuova concorrenza in Paesi a scarsa viticoltura in passato, come la Romania. Quest'anno i grattacapi europeisti sono purtroppo altri per Costantino e riguardano le norme europee in materia di vino e vigne che mirano a creare spostamenti di uve con troppa facilità, svalutando i vecchi marchi di protezione dei vini. Maledette lobbies! Ma dicevamo del caldo e di come esso abbia inciso sulle nostre montagne. Sciolgono, tranne rare eccezioni, i ghiacciai, così come si squaglia il "permafrost", arrivano nuovi parassiti che attaccano le piante, vanno modificate tecniche antiche di conduzione dei suoli come mostrato da certe carenze d'acqua. Insomma, come da sempre, la montagna - luogo in cui convivono territori diversi a causa proprio delle diverse altitudini - sono come un termometro non solo delle temperature ma proprio dei cambiamenti ad esse collegate. Un laboratorio a cielo aperto, come avvenuto nei secoli e nei millenni e queste mutazioni sono state assecondate dai montanari e dalle loro capacità d'adattamento in epoche in cui i supporti della tecnologia erano rudimentali. Sappiamo che questa volta la differenza sta nel fatto che ai cambiamenti innescati da processi endogeni del pianeta Terra, ve ne sono di prevalenti dovuti al grado di interazione sulla Natura della presenza umana, cresciuta a dismisura in quantità e qualità (in senso negativo!). Ecco perché uno dei doveri del pubblico è seguire e prevenire le conseguenze dei mutamenti e i soldi spesi nell'analisi dei cambiamenti climatici sono ben più importanti di certi investimenti "mordi e fuggi" che lasciano il tempo che trovano.