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08 lug 2021

Il monaco dello champagne

di Luciano Caveri

Da bambino lo champagne era sinonimo di feste dei miei genitori con i loro amici nella tavernetta sotto casa. Si divertivano come matti, con lunghe tavolate di amici e musica sino a tardi. Una sana joie de vivre. Ho imparato anch'io a berlo ed il momento clou nella mia vita, nella zona di produzione a Champagne (zona al femminile in francese), fu un gemellaggio fra Fontina e champagne memorabile a Epernay (Francia), nelle sale napoleoniche nella splendida orangerie "Moët & Chandon", dove vennero presentati gli accostamenti scelti a favore quindici tra i più blasonati chef italiani ed alcuni dei migliori giornalisti eno-gastronomici italiani e francesi. Brividi di piacere in un matrimonio originale. Ora ci sono tornato con un viaggio goliardico in pullman in un clima (ça va sans dire) effervescente. Un momento di svago e di libertà, occasione da non perdere di questi tempi.

Già a suo tempo visitai le straordinarie cantine della zona. Mi mancava una marca prestigiosa, che merita un racconto, sapendo che dopo la Rivoluzione francese il "Dom Perignon" è finito sotto l'ala di "Moët & Chandon". Pierre Perignon, che sarà poi Dom Perignon, è stato un abate francese nato nel 1639. Cresciuto a Sainte-Menehould, nella regione della Champagne-Ardenne, crebbe a stretto contatto con il vino, lavorando nei vigneti del padre e degli zii. Dopo essere divenuto prete, a trent'anni fu designato tesoriere e responsabile dei vigneti del monastero benedettino di Saint-Pierre d'Hautvillers: un ruolo importante, visto che lì, come avveniva per molte altre comunità religiose, la vendita del vino serviva per il sostentamento. La leggenda - perché non esistono sempre prove documentali - vuole che Dom Perignon "inventò" lo champagne o meglio innovò quanto già esistente. Ci sono due versioni: la prima sostiene che, come spesso accade per le invenzioni geniali, la nascita dello champagne avvenne come frutto del caso. Dopo aver imbottigliato delle bottiglie di vino bianco, Dom Perignon si accorse che alcune di queste erano scoppiate: il primo champagne veniva non a caso chiamato «vino del diavolo», perché capitavano scoppi all'improvviso delle bottiglie con schegge di vetro conseguenti (oggi con qualche magnum può ancora capitare!). L'abate intuì che c'era un modo per rendere il vino frizzante e scoprì la presa di spuma, cioè il processo attraverso cui si sviluppa l'anidride carbonica, dopo la rifermentazione in bottiglia. La seconda versione vuole che Dom Perignon, grande sperimentatore, aggiunse di proposito zucchero e fiori al vino bianco in bottiglia e constatò come, dopo la rifermentazione, potessero svilupparsi le bollicine. Chissà... Quel che è certo è che Dom Perignon, grazie alla sua profonda conoscenza delle uve del territorio, ebbe il merito di selezionare i vitigni più adatti per realizzare lo champagne: "Pinot Noir", "Chardonnay" e "Pinot Meunier". Inoltre introdusse gli attuali tappi di sughero con gabbietta e lavorò per affinare il metodo di produzione, In seguito Dom Perignon si dedicò anche ad una accurata selezione delle uve più adatte a produrre il suo vino, selezione che viene rispettata ancora oggi. Per questo almeno una coupe de champagne (ma i bicchieri nel tempo si sono molti evoluti) va bevuta in suo onore!