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24 gen 2021

Conoscere per deliberare

di Luciano Caveri

Di fronte a certo nuovismo, che sembra credere che la politica sia come un fungo che spunta in una notte e consenta a "dilettanti allo sbaraglio", spesso senza alcuna base, di pontificare sul presente ed anche sul futuro, appartengo alla categoria di quelli che sono convinti che il passato non è una storia polverosa, ma che la cultura di qualunque genere si basi sulle radici. Spesso si tratta, ad esempio, dell'acquisizione di un metodo, che funziona in tutte le epoche. Vorrei fare un esempio concreto. «Prima conoscere, poi discutere, poi deliberare». Nella più famosa delle sue "Prediche inutili", Luigi Einaudi, grande economista piemontese e secondo presidente della Repubblica italiana, poneva una domanda che ancora oggi è fondamentale per ogni buon legislatore: «Come si può deliberare senza conoscere?».

La sua risposta era netta: è impossibile e lo motivava con una grande capacità di sintesi. «Le leggi frettolose partoriscono nuove leggi intese ad emendare, a perfezionare; ma le nuove, essendo dettate dall'urgenza di rimediare a difetti proprii di quelle male studiate, sono inapplicabili, se non a costo di sotterfugi, e fa d'uopo perfezionarle ancora, sicché ben presto il tutto diventa un groviglio inestricabile, da cui nessuno cava più i piedi». Questo non vale solo per le leggi, ma per qualunque decisione che si deve assumere. In questo la vituperata Unione europea, bersaglio di molte stupidaggini e banalità, offre nelle sue procedure dei percorsi che servono moltissimo. In questo periodo - solo per fare un esempio - ci si interroga nel mio lavoro sui cospicui finanziamenti europei che investiranno la Valle nel periodo di programmazione 2021-2027, cui speriamo si sommino anche i denari derivanti dall'ancora misterioso, nella sua applicazione italiana, "Recovery plan". Si tratta dell'enorme sforzo europeo, fatto da miliardi di euro, con cui affrontare la pandemia e rilanciare l'Europa quando il virus sarà sconfitto. Ebbene, mai come in questo momento chi si occupa di questo dossier è obbligato (ed è un bene!) ad effettuare un vero e proprio "check up" della Valle d'Aosta, fatto di dati, approfondimenti e persino sensazioni, visto che sappiamo bene - com'è avvenuto con il "covid-19" - di come qualunque previsione e pianificazione può essere gravemente stravolta dalla fallibilità delle vicende della società umana cui apparteniamo. Ma strumenti come questo, che analizzano e sezionano, non valgono solo per l'Europa, ma per evitare che qualunque scelta politica ed amministrativa avvenga senza avere consapevolezza sulle azioni da intraprendere e soprattutto sulle conseguenze che ci saranno. La valutazione è lo strumento che, senza sostituirsi alla decisione politica all'interno del circuito democratico, consente al legislatore di conoscere e quindi deliberare, adottando decisioni informate e consapevoli. L'obiettivo della valutazione non rafforza il decisore politico, rendendolo edotto delle conseguenze delle proprie scelte, promuovendo la conoscenza e la trasparenza di informazioni fondamentali per il processo decisionale. Ribadisco come sia decisiva anche la valutazione ex post, che consente di migliorare, correggere errori, mutare prospettiva. Non c'è nulla di peggio della palude stigia delle abitudini, delle incrostazioni, del «si è fatto sempre così».