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28 gen 2020

Il gatto non gatto delle nevi

di Luciano Caveri

Mi sono sempre piaciuti i gatti delle nevi, che non sono ovviamente quei mici selvatici, specie "Felis Silvestris", che stanno tornando in tutte le Alpi e ci sono di sicuro nei Dipartimenti Savoia, Alta Savoia ed Isère confinanti con la Valle d'Aosta ed il Torinese. Ma del mezzo meccanico, oggi mezzo assai sofisticato, di cui ho visto - come sciatore - gli esordi sulle piste un tempo battute con gli sci per poi occuparmene nell'esperienza da impiantista (ho provato anche l'ebrezza della guida!), compresa la visita a quella fabbrica valdostana, che è stata la "Oman" a Charvensod, purtroppo scomparsa. Un amico di "Twitter", Gianni Graziani, valdostano in giro per il mondo per lavoro, mi ha segnalato la sintesi del perché si chiami "gatto delle nevi", tratto dal sito "Terminologiaetc", che - descritta la macchina ed il suo uso - così dice: "Forse è meno noto che il nome italiano è dovuto a un'interpretazione errata della parola inglese "snowcat", dal nome commerciale "Sno-Cat", che ha origine da un'abbreviazione di "snow caterpillar" e cioè "caterpillar delle nevi" (a sua volta, letteralmente, "bruco delle nevi").

L'etimologia della parola "caterpillar" rivela però una piccola sorpresa felina! - si legge ancora - In italiano usiamo un'unica accezione di "caterpillar", entrata nell'uso come prestito dall'inglese negli anni '30 del secolo scorso: è un veicolo cingolato in grado di muoversi su qualsiasi terreno. Deriva da "caterpillar track", un tipo di cingolo, dal nome dell'azienda americana ora conosciuta come "Caterpillar Inc." che all'inizio del XX secolo l'aveva brevettato. "Caterpillar" il cingolo - e in seguito l'azienda - era stato chiamato "caterpillar" per una similitudine: faceva procedere il tipo di trattore su cui era montato con un movimento che ricordava quello di un bruco, in inglese appunto "caterpillar". In questa accezione il nome comune "caterpillar" è un esempio di volgarizzazione del marchio e anche di sineddoche: la parte (il cingolo) usata per indicare il tutto (il veicolo)". E il gatto cosa c'entra? Proseguiamo la lettura: "Il sostantivo "caterpillar" è riconducibile a una parola in uso nell'inglese del XV secolo, "catyrpel", che a sua volta avrebbe origine dal francese settentrionale antico "catepelose" o "chatepelose", letteralmente "gatta pelosa", con possibile influsso della parola ora obsoleta "piller, distruttore". L'etimo però non giustifica in alcun modo il nome italiano "gatto delle nevi" per "snowcat", un esempio particolare di parola che ha origine da un errore di traduzione". Vedete però come ogni tanto ci siano bizzarri elementi di casualità. E proprio la parola "bizzarro" mi obbliga ad una parentesi per dire quanto gli animali contino nelle nostre parole. Spiega la professoressa Andrea Marcolongo nel suo "Alla fonte delle parole: 99 etimologie che ci parlano di noi": «che parola prodigiosa, bizzarro. Non vuol dire affatto stravagante, strano (o peggio folle). Bizzarro etimologicamente significa "punto". "Pizzicato". La parola deriva da un'onomatopea romanza che porta in dote un'infantile chiarezza: quel biz biz biz di un insetto molesto che ci ronza intorno nelle sere d'estate, quando sediamo in attesa di un pigro tramonto, magari con un bicchiere di vino fresco tra le mani, e improvvisa arriva la bizza. La puntura di un'ape o di una zanzara che di colpo ci fa sobbalzare, ci risveglia dal torpore e ci rende bizzosi - letteralmente imbizzarriti come un cavallo - presi da un improvviso solletico misto tra dolore e stupore. E che porta con sé un modo nuovo - inedito, ovvero non ancora detto». Aggiunge poi il sito già citato all'inizio: "Un dettaglio curioso: in francese il "bruco" (ma anche il veicolo da noi chiamato "gatto delle nevi") non ha nulla a che vedere con i gatti ma si chiama invece "chenille, cagnolina" (dal latino "canīcula"), da cui prende il nome anche il tessuto che in italiano chiamiamo ciniglia". E allora, come "divertissement", guardiamo meglio dentro l'etimologia di "cinìglia", parola che risale alla seconda metà del XVIII secolo: "filato peloso usato come trama di alcuni tessuti, che è un prestito dalle lingue romanze. Viene dal francese "chenille, bruco, peloso", appunto derivato dal latino "canicŭla", nome che viene dato al bruco per la forma della testa, che ricorda quella di un cagnolino". Gatti, cani, bruchi: da tutto questo misto esce il nostro "gatto delle nevi", che ormai con le sue tecnologie ci permette di avere, rispetto alle piste gibbose della mia infanzia, piste eccezionalmente omogenee e "fresate" (neologismo, con questo significato da mettere nei vocabolari!), che ci obbligano - come in guerra - a metterci un casco, che è come un elmo, per i rischi di cozzi ad alta velocità!