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11 mar 2019

Anche in Politica Carnevale e Quaresima?

di Luciano Caveri

A regolare i tempi della nostra vita ci sono sul calendario, legati al sovrapporsi nel tempo di ricorrenze e tradizioni, dei capisaldi che rendono il fluire degli anni come un fiume navigabile che - fatte salve le asperità e le sorprese della vita - consente una qualche rassicurante regolarità e prevedibilità. Fra questi appuntamenti, in esaurimento in queste ore, c'è il Carnevale, più o meno sentito a seconda delle comunità di cui si fa parte. Lo si vede anche nella piccola Valle d'Aosta, dove convivono Carnevali con radici antiche e modalità di festeggiamento più recenti molto sentiti oppure festicciole posticce per la gioia dei bambini, come fuochi d'artificio d'allegria, specie con quella modalità buffa e estraniante che è il travestimento.

Almeno da noi, con rare eccezioni, tutto finisce con la Quaresima (dal latino "quadragesima dies, quarantesimo giorno"), che la Chiesa cattolica ed altre chiese cristiane celebrano lungo l'anno liturgico. Ricorda la "Treccani": "Nella liturgia cattolica, periodo penitenziale di quaranta giorni in preparazione della Pasqua, che nella prassi odierna (ma l'uso risale almeno al quarto secolo) comincia il mercoledì delle ceneri e si prolunga per sei settimane, fino al giovedì santo, prima della messa vespertina detta "In cena Domini", con la quale si entra nel triduo pasquale. Nella liturgia si omettono i segni di gioia gloria e alleluia, il colore liturgico è il viola, l'altare non è ornato di fiori e non si suona l'organo (che può tuttavia accompagnare il canto)". Quindi una tradizione che si è sviluppata e che ha inciso molto nella nostra società, mentre oggi lo è meno in un'Italia laicizzata o, se preferite, secolarizzata. Al di là comunque della propria fede e del rispetto dei precetti, è interessante notare come ci siano delle ricorrenze che legano Carnevale-Quaresima evidenti continuità con le culture precedenti. Il Carnevale odierno ha radici nelle festività pre-cristiane, in particolare nelle dionisiache greche e nei saturnali romani, che erano espressione del bisogno temporaneo di un quale certo scioglimento dagli obblighi sociali e delle gerarchie per lasciar posto al rovesciamento apparente e momentaneo dell'ordine attraverso lo scherzo ed anche libertà dei costumi. Una situazione di "ribellione" presente anche in altre culture con riti analoghi sia nel mondo antico europeo ed extraeuropeo, sia tra i tribù che sono rimaste ancora oggi nel passato. Una sorta disordine istituzionalizzato cui segue un ritorno all'ordine in cui si ripristina il controllo sociale nel nome delle divinità che sovrintendevano alla vita umana. In fondo un segno esatto è in quel diavolo bruciato sotto il ponte romano ad arco di Pont-Saint-Martin in una logica catartica. Viene la tentazione di dire quanto questo somigli di questi tempi alla situazione politica valdostana e all'affollarsi di questioni che vengono al pettine in un turbinio di storie e vicende, che purtroppo non hanno alcun fil rouge di allegria, ma è un disordine angosciante e persino grottesco. Tutti ci diciamo - tranne rare eccezioni - che così non si può andare avanti e che bisogna porre mano a questa matassa di instabilità simile a sabbie mobili in cui tutto affonda e sfuggono gli appigli. Forse ci vuole davvero una sorta di Quaresima: una sospensione di una situazione di disordine in vista di una ripartenza, che serva anzitutto ad esaminare il quadro complessivo. Non si tratta di avere atteggiamenti penitenziali o punitivi, ma di capire come - non suoni irriverente il parallelo - possa esserci una resurrezione politica e civile a fronte dei pesi che stanno piegando speranze e aspettative, oltreché causando un peggioramento della qualità della vita della nostra comunità in questioni concrete e avvertibili, in barba ai voli pindarici su di un avvenire radioso. Sarò ammattito? Spero di no e vedo tante persone piene di energie e idee fondate e assieme innovative che trovano la situazione attuale pericolosa e foriera di ulteriori peggioramenti, per cui ci vuole lavoro e coraggio per non ritenere scontato l'irreparabile.