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20 nov 2018

Attenzione alla "commissionite"!

di Luciano Caveri

Mai come di questi tempi la Democrazia è la grande malata e dentro le ferite si sono inseriti virus perniciosi che vanno dall'ingovernabilità al trasformismo, dall'incompetenza alla paralisi, dal populismo alla demagogia, dall'astensionismo al "non nel mio cortile" (in inglese "nimby - not in my back yard"). Confesso un certo smarrimento ed anche la preoccupazione di un gorgo da cui non si riesca ad uscire e ogni rinuncia ad occuparsene è una sconfitta a tavolino, senza neppure giocare la partita. Per cui l'invito a non demordere me lo ripeto come un mantra, perché so bene che in politica gli spazi vengono comunque occupati, perché il vuoto non c'è. Ma oggi la difficoltà sta nel trovare modalità nuove, coinvolgenti e aperte, però è difficile trovare queste strade da percorrere ed il pericolo è quello di essere fermi su vecchi modelli e ciò prescinde dall'età dei protagonisti. Vedo giovani vecchi come il cucco che boccheggiano ed anzianotti - scusate l'eventuale vanità - che sanno cosa fare.

Capisco che è troppa la carne messa al fuoco e vale la pena di prendere un pezzo per volta. Eccoci: la vulgata secondo la quale quando non si vuole risolvere un problema si crea una Commissione non è del tutto infondata. Anche se il dizionario di italiano non restituisce l'esatta complessità dell'uso, quando si legge: "gruppo di persone qualificate alle quali è affidato un incarico pubblico". Infatti la "commissionite", quando scherzando la si può considerare una patologia e non una cura alla ricerca di un rimedio ad un problema, investe pienamente anche il mondo privato. Il «Facciamo una Commissione!» è un grido garrulo che risuona in pratica ovunque, nella speranza che un trust di cervelli più o meno validi possa affrontare una questione per risolvere un caso. Ma l'efficienza è raramente garantita e l'impressione è che talvolta la Commissione sia un alibi per prendere tempo o una macchina messa in strada senza benzina. Mettiamo ordine. "Commissione" è il termine usato, in Europa, per il cuore pulsante - una sorta di Governo vero e proprio - delle Istituzioni comunitarie. Ed ogni Assemblea parlamentare ha Commissioni permanenti (o che nascono ad hoc) che sono il fulcro della democrazia, perché è lì che si affrontano le questioni e nascono le normative che poi passano, se importanti, nelle aule per la loro approvazione. Meno nobile è, invece, l'uso delle Commissioni nella vita politica, quando si tratta di strutture interne, in genere legate a singole materie, perché troppo spesso diventa il regno del bla bla ed ormai la scarsa partecipazione politica, fra assenze e qualità non sempre eccelsa, rischia di fare di questo strumento un flop, che va di pari passo con la crisi endemica della Politica. Chi vi partecipa, se le cose vanno male, tende dunque ad accrescere la schiera degli scettici e molti li ho visti affacciarsi entusiasti ed essere poi spaventati dagli aspetti burocratici che caratterizzano i meccanismi politici di quelle strutture di mezzo che sono i partiti, che si impantanano in lentezze e storture. Ecco perché demagogia e populismo, che si reggono su leader che decidono tutto e con formule di soluzione semplicistiche e persino sempliciotte, piacciono così tanto: c'è chi risolve i problemi per tutti e - per mascherare l'effetto gregge - si creano comitati vecchi e nuovi, come sono di fatto i famosi "meetup" pentastellati che sono una parvenza di democrazia diretta con la strana cupola della "piattaforma Rousseau" della "Casaleggio". E' interessante ed è stato sinora produttivo in termini elettorali la messa in scena di apparati partecipativi che servono in realtà a celare logiche dirigistiche. In passato, nel sistema da tutti ricopiati del partito marxista-leninista, c'era l'esaltazione - ancora presente per alcuni in Valle d'Aosta - delle "Sezioni" come motore del funzionamento dell'apparato, che poi in realtà viveva su decisioni rigidamente centralizzate e momenti assembleari in realtà di semplice ratifica di decisioni già assunte. Ero in effetti molto speranzoso che proprio nuovi strumenti delle nuove tecnologie, con la facilità di chat rapide e di videoconferenze a basso costo, aprissero grandi prospettive per uscire da vecchie logiche, ma la realtà è che solo il contatto personale, con regole precise, quali la presenza di moderatori che possano fare parlare tutti e si impegnino a fornire conclusioni fattive e non documenti fumosi, rappresentano una speranza per far ripartire dialoghi costruttivi e momenti davvero arricchenti contro il dejà-vu. Certo è un'ambizione complessa, ma non vedo alternative.