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18 ott 2018

I danni della maleducazione e dell'aggressività

di Luciano Caveri

Partirei da una frase di Italo Calvino: «Ciò che i genitori m'hanno detto d'essere in principio, questo io sono: e nient'altro. E nelle istruzioni dei genitori sono contenute le istruzioni dei genitori dei genitori alla loro volta tramandate di genitore in genitore in un'interminabile catena d'obbedienza». Il termine "Educazione" è in realtà un tema molto complesso e bisognerebbe forse occuparsene in un momento storico in cui - circostanza che spicca nei modi e nelle modi di molti politici con responsabilità di governo in Italia - del suo contrario, vale a dire la "Maleducazione", che poi - nel dizionario dei sinonimi - ci aiuta, con sottigliezza linguistica, a scegliere fra "malacreanza", "ignoranza", "inciviltà", "rozzezza", "grossolanità", "cafonaggine". Le parole sono interessanti per questo, perché si può trovare - come in un gioco di pazienza - l'espressione giusta al momento giusto, non esattamente sovrapponibile ad altra.

Per cui se la "grande" definizione di "Educazione" da "Treccani" vale così: "In generale, l'attività, l'opera, e anche il risultato di educare, o di educarsi, come sviluppo di facoltà e attitudini, come affinamento della sensibilità, come correzione del comportamento, come trasmissione e acquisizione di elementi culturali, estetici, morali. C'è poi - più terra a terra - l'educazione come «Buona creanza, abitudine a comportarsi in ogni occasione con modi gentili e cortesi»". Ci sono due espressioni francesi del tutto illuminanti e che fortografano certi comportamenti. Una è "Bon ton": «cette expression tire sa signification du mot ton au sens de manière de s'exprimer et de se comporter en société conformément aux convenances. Le bon ton désigne ainsi la bonne façon de se comporter», l'altra è "Savoir vivre": «connaissance et mise en pratique des usages de la politesse, de la vie en société». Per chi si occupi della Cosa pubblica, incarnando un ruolo istituzionale, ci sono poi due altre paoline da tenere a mente. La prima è "Protocollo": «il complesso delle regole che devono essere seguite nella redazione dei documenti diplomatici e, per estensione, il complesso delle regole e delle operazioni connesse con il cerimoniale diplomatico (l'etichetta, le precedenze, gli atti di cortesia e i trattamenti dovuti agli organi esteri stabilmente residenti o in visita ufficiale presso lo stato e altro ancora)». L'altra è "Cerimoniale": «il complesso delle norme e procedure, scritte o tradizionali, che presiedono alla celebrazione di un atto solenne, avente carattere civile o religioso, o che sono imposte in determinati ambienti e circostanze (per esempio, nei rapporti ufficiali fra Stati, in visite e incontri diplomatici, in manifestazioni politiche)». Chi decida dal vivo in diverse forme, sul Web, attraverso i "social" ed i comunicati stampa di venir meno a certe nome di comportamento e di cortesia (è bello il "politesse" francese dal latino "politus, pulito") viola regole di civiltà maturate nel tempo. Questo non significa affatto essere "popolari", perché ad essere educati non sono solo persone che abbiano ruoli di rilievo, ma lo sono anche persone semplici, che fanno della loro educazione un vanto e un modo di essere, che prescinde da qualunque collocazione sociale. Per cui mi imbestialisco di fronte ad una deriva fatta di eccessi verbali, turpiloquio, disprezzo verso gli avversari, derisione persino per le caratteristiche fisiche, deformazione delle idee altrui, uso dell'odio come aggregante di comunità e altre distorsioni che ci stanno attorniando e che rischiano di diventare modo di vivere e modo di essere. Si viola così quel principio di senso civico che dovrebbe essere patrimonio comune, reso ancora più necessario in chi ricopra posto di responsabilità. Sarò passatista ma sentire ministri vari che ostentano maleducazione arrogante e presuntuosa, usando il «vaffa» e il «me ne frego» come slogan e piegando la Politica a tenzone senza regole, dando l'idea che l'educazione sia una forma di debolezza remissiva, mi indigna e mi preoccupa. Perché esiste nell'assenza di equilibrio il rischio che tutto diventi virale e il cambio dei costumi nel segno di un'aggressività continua inneschi processi di violenza che travolgano la democrazia.