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08 ago 2018

Al capezzale dell'Autonomia

di Luciano Caveri

Sono molto contento che siano in molti, in questo periodo piuttosto confuso, a ritrovarsi al capezzale dell'Autonomismo valdostano molto ammalato e seguo ogni discussione con grande interesse. Purtroppo analoghi tentativi fallirono prima delle elezioni, perché le diverse componenti - leader compresi - credevano di potersi bastare e gli eventi hanno dimostrato altri scenari. E' bene capire - ed osservo "dottori" con varie specializzazioni che se ne occupano - quali siano le malattie ed è necessario trovare le cure per evitare la morte di un pensiero politico, che non è solo contemporaneo ma che arriva dal passato remoto, seguendo i regimi politici che si sono succeduti nei secoli. La Storia valdostana dimostra periodi di eclissi del sistema Autonomistico nel suo cammino nel tempo e ciò mostra come tutto sia reversibile e in certi casi pareva persino che il filo si fosse ormai spezzato per sempre.

Senza troppo andare lontano, pensiamo all'affermarsi anche in Valle del fascismo con un misto fra adesione, connivenza ed indifferenza passiva, cui reagirono in pochi, creando quel lievito che poi servì per far crescere una reazione politica da cui è sortito l'attuale ordinamento valdostano. Mi tengo informato, visto che è bene essere vigili e - se il caso - partecipativi, perché troppi in un recente passato sono stati silenti e complici, mentre ora per fortuna in tanti hanno ritrovato la favella. C'è in verità chi si occupa del tema da molti anni e può testimoniare quanto sia difficile, quando si scava un po' più a fondo della semplice superficie, trovare sincerità nell'idem sentire. Finché si vola alto nel cielo tutto funziona a perfezione, se si scende terra a terra in certi particolari che distinguono "Autonomismo" da sue imitazioni, non sempre l'embrassons-nous resiste agli eventi ed alla diversità d'approccio che emerge proprio quando è necessario essere più specifici e persino chirurgici. Se si passa dalle "mozioni degli affetti" e dall'approccio emotivo a temi politici controversi allora si gioca la vera partita, quella che deve consentire alla galassia autonomista di distinguere bene chi rappresenta che cosa. Senza alcuno snobismo e non per fare il primo della classe (mai piaciuti i secchioni), penso - fra gli altri che si occuparono della fragilità del mondo Autonomista quando appariva robustissima e persino invincibile - a certe mie convinzioni. Ricordo quanto fosse sgradita la logica da "Grillo Parlante" (quindi buono per essere schiacciato contro un muro da chi si sentiva come l'Altissimo), quando nell'Union Valdôtaine con il vento in poppa, parlavo di gigante dai piedi d'argilla. All'epoca c'erano ancora i partiti nazionali e molti esponenti locali erano fieri di essere le antenne di Roma, per cui in fondo esisteva una logica - buono o cattiva che fosse pareva funzionare - da "partito unico", che ha consentito una crescita elettorale incredibile, che io stesso ho vissuto. Poi l'area Autonomista si è intasata con la fine dei partiti della Prima Repubblica e sono nati soggetti locali o nuove forma nazionali si sono anch'esse piegate alle esigenze che emergevano: chi non si proclamava Autonomista perdeva punti e dunque, tranne rarissimi casi ed in assenza di un esame di ammissione che separi il grano dalla pula (scherzo, naturalmente), quasi tutti sono diventati Autonomisti con sfumature varie. Avete presente le gradazioni del colore rosso? Pare che ce ne siano almeno una quarantina... Ebbene, trovare motivi per fare ordine anzitutto mentale ce ne sono, anche se il "mercato politico" funziona come tutti i mercati e viaggia nella logica della domanda e dell'offerta o, se non vi piace il riferimento, si applica anche alla Politica il darwinismo (solo i più adatti sopravvivono). Ma forse la prospettiva andrebbe cambiata: dai soggetti all'oggetto e nello scrivere non rivendico alcuna originalità nell'approccio. Parlo dell'ordinamento valdostano e delle reti di rapporti Istituzionali che sono la sostanza dell'Autonomia su cui è bene riflettere, anzi bisogna agire perché sul tema approfondimenti ce ne sono già stati molti ed a studiare senza mai laurearsi si può diventare vecchi. E poi ci si è persi su questioni secondarie: le potenti "armi della distrazione di massa", che non consentono di approfittare - quando è il momento - di passaggi decisivi, sono più che mai in azione.