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03 lug 2018

Mai senza Geografia

di Luciano Caveri

La Geografia è una materia bellissima e che, almeno nel mio caso, ha vissuto due vite parallele ed apparentemente contraddittorie. L'insegnamento nozionistico dei miei tempi mi stufava, anche se poi con il tempo finisce per avere certi vantaggi mnemonici da non sottostimare, ma in contemporanea - grazie a quel che trovavo in casa o mi veniva comperato - mi perdevo nelle carte geografiche di quelle cornucopie di informazione che sono sempre stati gli atlanti geografici. Si sappia, per curiosità, che la definizione deriva dal titolo dato alla raccolta di carte geografiche (1595) del cartografo fiammingo Gerardo Mercatore per la figura del gigante Atlante con il mondo sulle spalle rappresentata nel frontespizio.

Scriveva Umberto Eco: «Da ragazzo sognavo sugli atlanti. Vi immaginavo viaggi e avventure... Questa è forse la ragione per cui da adulto ho deciso di visitare tutti i luoghi il cui nome aveva un tempo colpito la mia immaginazione, come Samarcanda o Tumbuctou, il fortino di Alamo o il Rio delle Amazzoni, e mi mancano ancora solo Mompracem e Casablanca». Mompracem, l'isola di Sandokan! Isola che non si sa bene quale sia, ma che c'era in carte nautiche cinquecentesche e che probabilmente era una di quelle isole che appaiono e scompaiono in mari tropicali, oggi non a caso identificata nel banco corallino di Ampa Patches, nelle acque territoriali del Brunei. Viene a questo proposito in mente proprio il curriculum scolastico di Emilio Salgàri (Verona, 21 agosto 1862 - Torino, 25 aprile 1911), lo scrittore italiano di romanzi d'avventura molto popolari, che forse deve tutto a carte geografiche e enciclopedie, visto che descriveva luoghi esotici in realtà mai visti. In parte frutto di quanto al "Regio Istituto Tecnico e Nautico Paolo Sarpi" di Venezia, anche se non arrivò mai ad essere capitano di marina come avrebbe voluto. Ma lo studio della cartografia è servito a far agire i suoi eroi. Vale l'osservazione di Italo Calvino: «La carta geografica, anche se statica, presuppone un'idea narrativa, è concepita in funzione d'un itinerario, è un'Odissea». Già: stai fermo ma, come avviene con il moto terrestre, osservi con la fantasia luoghi mai visti e certo scatta - per chi ama viaggiare - il desiderio di vedere quegli altrove visti sulle mappe e persino sulle cartine, quelle che un tempo regalavano ai distributori e ci servivano come il pane per viaggiare. Ma se queste sono le speranze c'è poi la realtà quotidiana che contiene alcuni paradossi. Il primo - segnalato dai geografi - è che la Geografia rischia sempre di più di essere materia negletta, spesso affidata ad insegnanti non abbastanza formati e comunque considerata una Cenerentola senza principe Azzurro. Situazione assurda se si pensa che viviamo in un mondo sempre più globalizzato in cui non si guarda solo il proprio orizzonte e solo per capire alcune notizie o si sa dove questo avviene oppure si rischia di restare indietro. L'altro paradosso è che mai come in questi anni la strumentazione tecnologica dalle mappe ai navigatori più o meno sofisticati ci consentono, assieme alla messe di informazioni minute su ogni angolo del globo, di poterci muovere informati e di guardare cosa ci attornia vicino e lontano nei particolari più minuti. Ma senza le nozioni di base rischiamo poi di non essere in grado di adoperare tutto questa ricchezza. Lo si vede - nel minuscolo - nella crescente ignoranza di molti valdostani rispetto al proprio microcosmo con abitanti che non conoscono le vallate e alcuni dei 74 Comuni per non dire del terribile oblio di quella "odonomastica" (dal greco "hodós, via, strada", ed "onomastikòs, atto a denominare") che dà il nome alle nostre vie e piazze, anche su elementi di grande banalità. Non si tratta di chiedere forme di indottrinamento di nessun genere ma di avere almeno quel "minimo sindacale" di conoscenze per evitare il paradosso di cittadini che non conoscono il posto dove abitano ed il riferimento agli elementi del passato scolpiti anche dalla toponomastica, che fa capire certe radici del passato. Insomma: regaliamo carte geografiche - ce ne sono di splendide per tutte le età e persino buffe per i più piccini - ai nostri figli. Non male anche un mappamondo, che rende in senso plastico il nostro pianeta. Instilliamo loro l'idea che devono conoscere i luoghi e da quelli, forse, capiranno anche di più sulla gemella della Geografia e cioè la Storia. Come due gambe servono a muoversi con agevolezza, capendo il presente e nel limite del possibile il futuro.