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04 apr 2018

Contro le crisi, voltare pagina

di Luciano Caveri

Ogni tanto bisogna guardarsi allo specchio e fare un esame di coscienza. Questo vale per le persone, ma anche per le comunità, che poi non sono null'altro che un insieme di persone con un destino comune. Esaminare in profondità la situazione serve per trovare nuove energie e solo un atteggiamento onesto con sé stessi consentirà la svolta. Non si tratta mai di buttare tutto all'aria, ma di capire se e come incidere per cambiare e migliorare le cose e bisogna farlo con ottimismo, perché macerarsi nel serve. C'è in questo senso qualcosa di profondamente malinconico nella crisi della Valle d'Aosta ai nostri occhi ed agli occhi del resto del mondo. Soprattutto perché non si tratta di una crisi sola, ma di un grappolo di crisi che creano un senso di preoccupazione e di insoddisfazione.

Da una parte questo crea un malessere interno e anche, dall'altra, una decadenza dell'immagine della Valle, un tempo fiore all'occhiello in area alpina e reputata una regione Autonoma seria ed autorevole. Eravamo in molti settori - pensiamo ai temi della montagna o alla bandiera del federalismo - dei capofila, mentre oggi arranchiamo nelle retrovie. Sembra incredibile ma si è sprecato un patrimonio enorme nel volgere di poco tempo e si sa che distruggere è più facile che costruire. Esiste anzitutto una crisi politico-istituzionale: il Consiglio Valle ormai in scadenza è stato un teatrino tetro, perché la messa in scena è stata quella di un'instabilità che si trasforma in geometrie variabili che hanno sfidato, per stare a galla, il buonsenso e la legge di gravità. Questo ha coinciso con il punto più basso nei rapporti con Roma con uno Statuto spesso calpestato e nella scomparsa di rapporti indispensabili con l'Unione europea. Certe mediocrità in politica si riverberano su tutto e certi patti luciferini fra elettori ed eletti hanno creato intrighi clientelari al ribasso e se ne vedono gli esiti. La crisi economico-finanziaria collegata non è stata solo un taglio alle risorse a disposizione nel bilancio regionale, che è stato impressionante, ma sono stati in calo i principali dati fondamentali della nostra economia che hanno contribuito ad una recessione. Questa crisi si è accentuata con una serie di errori strategici, occasioni perdute e spese pazze per l'incremento nei costi di alcune opere Ma ad agire come ulteriore carica depressiva ci ha pensato la crisi morale, che si è manifestata con scelte politiche spregiudicate e spesso incomprensibili e con una raffica di inchieste giudiziarie che hanno minato il rapporto di fiducia con i cittadini. Questo ha accentuato il senso di distacco dei valdostani, oggi pronti a pericolosi salti nel buio come reazione proprio ai miasmi di certa politica ed all'arroganza di chi ha gestito il potere come cosa propria e non come bene pubblico. Ma la peggior crisi è stata quella delle idee e delle proposte: si è proseguito su strade vecchie e usurate, con un continuo peggioramento della qualità dei servizi e una burocratizzazione cui è corrisposto un peggioramento dell'Amministrazione pubblica. Pesa anche una crisi identitaria e culturale, che vuol dire abbandonare elementi tradizionali non solo linguistici ma comportamentali, caratteristici dell'habitus del montanaro e dell'ambiente naturale in cui viviamo. Modi di pensare estranei appaiono, basti pensare alla presenza ormai di elementi inquietanti di malaffare e pure di organizzazioni criminali, come la 'ndrangheta. Reagire o morire, mi viene da commentare e - prendetemi per pazzo - bisogna farlo guardando con coraggio avanti, senza attardarsi troppo su quanto sinora commentato, perché crogiolarsi nel dolore degli avvenimenti non ci farà rialzare in piedi. Sono stufo infatti di ripetere il rosario dolente degli errori, delle stupidità e pure delle ruberie: chi ha sbagliato deve pagare ed essere espulso con ignominia dalla scena pubblica. Per chi abbia voglia di farlo è ora di voltare pagina disegnando il futuro con impegno e competenza, liberandoci di fardelli e pesi inutili. Una stagione nuova è possibile, raddrizzando pian piano le cose in un patto fra onesti, che abbia come principio cardine la lealtà.