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26 mar 2018

«Vieni avanti, cretino!»

di Luciano Caveri

Chissà se vale ormai l'impressione che l'approfondimento delle cose sia per molti un delitto. Quando discutiamo, con chi condivide la passione per la politica, di come esprimere nei programmi futuri le proprie idee e speranze ci si arena su di un punto nodale: come rendere rapido il messaggio, semplificarlo al massimo, per colpire in fretta, senza che ogni contenuto venga a noia. Un modo per ammettere - ed io faccio ammenda per la mia lunghezza di questi interventi quotidiani - che rischiamo di cadere in basso non solo per la propensione alla brevità, che potrebbe essere persino un pregio, ma dallo svettare dei rischi della mediocrità e di quanto peggio ancora, di cui vorrei parlarvi.

«E' stato grazie al progresso che il contenibile "stolto" dell'antichità si è tramutato nel prevalente cretino contemporaneo; ma una società ch'egli si compiace di chiamare "molto complessa" gli ha aperto infiniti interstizi, crepe, fessure orizzontali e verticali, a destra come a sinistra, gli ha procurato innumerevoli poltrone, sedie, sgabelli, telefoni, gli ha messo a disposizione clamorose tribune, inaudite moltitudini di seguaci e molto denaro. Gli ha insomma moltiplicato prodigiosamente le occasioni per agire, intervenire, parlare, esprimersi, manifestarsi, in una parola (a lui cara) per "realizzarsi"». Questa frase, scritta prima dell'esistenza del Web, dalla coppia impagabile di scrittori sagaci e spiritosi che furono e sono negli scritti Fruttero (Carlo) & Lucentini (Franco), sembra - vista quest'oggi - come una profetica rivelazione. Ho già ricordato come il termine sia di origine francoprovenzale "crétin". Nell'esemplare "Nouveau dictionnaire de patois valdôtain" di Aimé Chenal e Raymond Vautherin si legge una duplice definizione. Cominciamo da quella scientifica: "Nom de l'individu de l'espèce humaine de l'idiocisme très poussé, de taille généralement assez basse et ayant une apparence extérieure plutôt chétive". Spiega la "Treccani": "Cretinismo (dal francese-provenzale "crétin, poveruomo" entrato nel francese scientifico nel XVIII secolo). E' una malattia endemica, diffusa tra gli abitanti di molte regioni montuose, dalle quali s'irradia talvolta alle colline prossime e alla pianura. Moltissimi cretini sono gozzuti, o possiedono una tiroide profondamente alterata (vedi "gozzo"), e l'insufficienza funzionale che ne segue è il punto di partenza della malattia". "Crétin" ha però una etimologia che rende in modo chiaro la pietas che la comunità poteva avere verso queste persone, visto che deriva da "chrétien: mot de compassion devenu péjoratif". Che il fenomeno fosse diffuso sulle Alpi è ben noto anche dalle cronache dei visitatori del passato, che calcavano spesso su questi fenomeni per segnalare la povertà delle zone montane. Ma l'uso comune - passate le ragioni prevalentemente alimentari che originavano il fenomeno - è testimoniato dal secondo significato del dizionario del patois: "Familièrement: homme stupide", da cui le espressioni «T'ë fran crétin» o «Fé pa lo crétin». C'è un'età nella quale si sdoganavano lentamente le parolacce in famiglia e "cretino" ai miei tempi era ancora considerato borderline, malgrado l'espressione francamente all'acqua di rose. Il grande sdoganamento avvenne nella televisione anni Settanta in bianco e nero con un'espressione sconosciuta ai millennials attuali, mentre noi del "baby boom" la usiamo ancora. Si tratta del «Vieni avanti, cretino», interpretata da Walter Chiari e Carlo Campanini nell'imitazione dei fratelli De Rege, che erano due fratelli campano-piemontesi che pochi decenni prima dai trionfi nell'avanspettacolo e nella rivista finirono poi in povertà morendo nel dopoguerra. Lo schema qualcuno lo ricorderà: Campanini faceva la "spalla" presuntuosa e facile ad adirarsi con l'imbranato («Vieni avanti, cretino!», appunto), mentre Chiari - straordinario comico dalla favella senza eguali - faceva il cretino con naso, baffi finti e bombetta calcata schiacciato sulle orecchie che al tono imperativo dell'altro balbetta, storpia le parole, incespica con le risate che scaturiscono naturali. Nulla a che fare con la previsione della coppia di autori citati all'inizio: oggi il cretino non fa per niente ridere. Sui "social" non scherza affatto e calca linguaggio e toni, inseguendo prede da punire con spirito vendicativo e animo acre. Non ha nulla a che fare con la sana competizione dialettica, con la polemica svelta e leale, con la voglia di confrontarsi anche con toni accesi. La democrazia ha un suo perimetro e se si fuoriesce i rischi sono enormi. Ho assistito in politica a momenti di tensione fortissima, a interruzioni e grida, persino a piccole risse e fogli lanciati nell'emiciclo, ma poi - a mente fredda - cessava la logica dell'odio e del veleno a tutti i costi, oggi arma preferita proprio dai cretini che dilagano e persino si pavoneggiano.