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02 feb 2018

Predieri e la sogliola

di Luciano Caveri

Mi ha molto incuriosito scoprire che Alberto Predieri, costituzionalista di origine torinese, ma docente per tanti anni a Roma, e morto in quella Courmayeur che amava e dove fu fra i fautori della nota "Fondation", fosse stato un appassionato di soldatini dal Settecento al Risorgimento. In fondo uno degli scopi del Diritto costituzionale è mettere assieme principi e regole di funzionamento delle Istituzioni e dei diritti e doveri dei cittadini che evitino i conflitti veri, quelli che i soldatini schierati su di un campo di battaglia rappresentano in modo plastico. Predieri, che si era occupato delle norme di attuazione più vecchie della Valle d'Aosta ai tempi in cui non esisteva ancora la norma statutaria che prevedesse una "Commissione paritetica" stabile, mi disse una volta di avere - in quell'esperienza in campo regionalista per "strappare" poteri e competenze allo Stato a vantaggio del nostro ordinamento valdostano - maturato utili casi di scuola in negativo da trasfondere nei suoi ragionamenti.

La sostanza, che io stesso ho vissuto nelle mie esperienze nella "Paritetica" - organo composto da tre esperti dello Stato e tre della Valle che predispongono le proposte di norme di attuazione applicative del nostro Statuto di autonomia - è che i funzionari nello Stato, annidati nei loro uffici, trovano quasi inconcepibile l'Autonomia speciale. Sono intimamente turbati da questa "eccezione", che sembra spogliarli di qualcosa. Per cui - l'ho visto tante volte - si battono come leoni per rallentare ogni procedimento, spesso riuscendo a bloccare l'iter delle norme a difesa strenua della sacrale sovranità dello Stato. C'è un pensiero prospettico di Predieri che ho spesso adoperato, citandone la fonte, e riguarda proprio questo afflato di sopravvivenza dello Stato nel momento in cui si trova di fatto schiacciato come se diventasse una sogliola - quel pesce marino sottile che vive strisciando nei fondali sabbiosi - dai poteri europei che incombono da sopra e dalla democrazia locale che da sotto spinge per avere più spazi politici e amministrativi. Un effetto torchio. Ripensandoci fa impressione, perché da quando questo pensiero venne espresso molto è cambiato. Anzitutto l'Unione europea - lo abbiamo visto nel caso della Catalogna - è rimasta purtroppo troppo legata agli Stati Nazionali che mantengono ruoli e poteri che hanno indebolito l'Autonomia delle Istituzioni comunitarie. Caso clamoroso è lo strumento del diritto di veto e anche quel peso conclusivo che gli Stati hanno nel Consiglio europeo. In più si sta manifestando - Davos ne è lo specchio - una concentrazione crescente di potere (pensiamo al settore del Web e ai suoi derivati) in entità che non sono neanche più multinazionali ma davvero globali, che soverchiano non solo il diritto di ciascun Paese o dell'Europa, ma il diritto internazionale. Fenomeno non nuovo ma crescente in modo impressionante. Questo scartabella i poteri dello Stato e li schiaccia, specie se l'antidoto non è una crescente integrazione come potrebbe avvenire in Europa. Resta il livello regionale e locale, che incarna la democrazia di prossimità, che deve occuparsi dei problemi più vicini ai cittadini e che resta il più controllabile dagli elettori. Le spinte sullo Stato esistono ancora e sono forti per chiedere quella condivisione che resta forte nei modelli federalisti e per una piccola realtà come la nostra la Svizzera resta un modello. Ma negli ordinamenti statuali a regionalismo debole come l'Italia restano forti le reazioni all'"effetto sogliola" è così si cavalca l'anti-europeismo e molti sognano in Italia - l'ultimo è stato Matteo Renzi - svolte centraliste nel nome dell'efficienza e della bravura di un leader che tutto decida. Occhio che i fantasmi possono materializzarsi in un'epoca di grandi e non prevedibili trasformazioni. Chissà cosa ne direbbe Predieri, autentico galantuomo.