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17 gen 2018

I limiti della rivoluzione digitale

di Luciano Caveri

Sono un tifoso della rivoluzione digitale, anche se appartengo alla generazione della carta. Il massimo della tecnologia, quando ho cominciato a fare il giornalista, era la macchina da scrivere elettrica, meno faticosa di quella meccanica. Ricordo bene le telescriventi del tempo che fu che battevano le notizie d'agenzia e la prima volta che ho visto, con la carta chimica che si arrotolava, il miracolo del fax con un foglio che - tipo "Star Trek" - entrava da una parte ed usciva a chilometri di distanza. Per chi faceva radio si lavorava sul nastro, tagliando sospiri e parole con le forbici e rimettendo assieme il discorso con un pezzo di nastro adesivo. In televisione si viaggiava con la logica, sempre su nastro ("Ampex"), del riversamento. Poi piano piano la digitalizzazione ha creato una traccia vocale e tracce video, rendendo tutto molto diverso.

E intanto nella vita è capitato lo stesso: con la scomparsa di aggeggi che ci sembravano moderni, morti e accorpati inevitabilmente in questi nuovi strumenti che sono diventati - come i telefonini - autentiche "protesi" a cui chiediamo e da cui otteniamo servizi un tempo disparati ed analogici. Il Web ci ha fatto capire cosa fossero quelle "autostrade digitali" di cui all'inizio si favoleggiava. Ma in realtà siamo ancora rimasti divisi a metà con un piede nella rivoluzione un altro nelle vecchie storie. Mi diverte moltissimo che quando devi fare dei contratti con società di avanzata telecomunicazione, come se fossero essi stessi malfidenti delle nuove tecnologie, ti domandino di «inviare un fax». Oppure quando ricevi documenti via mail, che poi sei costretto - per inviarli a tua volta - a scansionare via carta. Idem il "via vai" di documenti che, alla fine, sei costretto a stampare. Ricordo come, da presidente della Regione, avessi bandito nelle sedute del Governo regionale l'uso della carta per discutere le delibere, avendo ogni assessore la documentazione sul computer portatile e chiamando le delibere su di uno schermo ben visibile. E' stato snaturato il tempo della mia Presidenza, tornando poi a faldoni impressionanti da portarsi appresso. Osservo con viva curiosità la sperimentazione complicata del "fascicolo sanitario elettronico", che continua ad avere criticità varie, insite evidentemente nel sistema. Ma quel che turba è che tutto ciò si affianca a diverse modalità che finiscono per rendere indispensabili carta e sportelli e non solo per chi - analfabeta informatico - non ce la fa, ma anche per chi è perfettamente in grado di fare tutto on line. Resta il nodo irrisolto della connessione, con una fibra ottica in Valle d'Aosta non utilizzabile per il singolo cittadino, se non con il tramite assai costoso delle società deputate ed una telefonia che spesso non consente l'uso efficace dei dati perché esiste ancora una vasta porzione del territorio che le società servono in maniera penosa, in barba a quella parte di servizio universale che dovrebbe essere garantita dalle società di telecomunicazioni. Ma, si sa, come la redditività è più importante dei controlli per verificare il rispetto delle regole. Infine anche in Valle d'Aosta, in epoca in cui la cultura - sapendo cercare - è davvero a portata di clic, ci sono ampie fette di popolazione che cascano non solo nelle "fake news", ma assorbono le mode o le convinzioni più bislacche, a vantaggio di una generale decadenza di capisaldi della cultura. Ha scritto Carl Sagan un ammonimento che sembra oggi la pratica per troppi: «In una società impregnata di tecnologia come la nostra, ma sempre più assediata da nuovi profeti, impeti di irrazionalità e falsa ricerca del meraviglioso, allontanarsi dalla scienza o permettere che venga demonizzata, significa in realtà consegnarci ai veri demoni: l'irrazionalità, la superstizione, il pregiudizio, ed entrare in un'epoca di nuovo oscurantismo». E' probabile che questo aspetto deteriore resterà come un rumore di fondo spacciato per libertà d'opinione, ma intanto un giorno verrà in cui tutto sarà digitale e vivremo davvero meglio, se l'umanità non verrà inghiottita da quell'intelligenza artificiale che potrebbe metterci sotto scacco, come viene profetizzato in alcuni film di fantascienza o dalla visione lucida di alcuni scienziati. Ma intanto - aspettando la possibile "Apocalisse" - oggi la convivenza di vecchio e nuovo non consente quei risparmi e quella velocità che è caratteristica di tecnologie più avanzate di quelle usate sino ad oggi. Siamo, insomma, ancora oggi servi di due padroni e questo crea solo complicazione.