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02 gen 2018

Scivolando sugli sci

di Luciano Caveri

L'evoluzione dello sci appartiene ai fenomeni di cui sono stato testimone e conferma quanto è evidente neo nostri tempi: l'incredibile accelerazione delle cose rispetto ai tempi lenti dei secoli passati. Trovo ogni tanto nei cassetti delle foto della mia infanzia e ho persino dei "super8" girati da mio papà in cui mi si vede in discesa traballanti in favore di cinepresa con sci in legno e attacchi a molla con annessi bastoncini preistorici, vestiti da montagna rustici con giacche a vento tipo esercito e maglioni fatti ai ferri, pesanti scarponi di cuoio con legacci. La battitura piste dei miei esordi non annoverava gatti delle nevi e veniva fatta da addetti sci ai piedi e si creavano gobbe insidiose per via dei passaggi, altro che la fresatura che crea ospitali piste lisce.

Gli impianti a fune, anzitutto "skilift", poi seggiovie a un solo posto, ovetti a due posti e rare funivie, erano spartani e con tecnologie rumorose e senza fronzoli. I maestri di sci erano persone semplici e sbrigative e da bambino qualche racchettata sul sedere l'ho presa, se facevo i capricci. Da ragazzo lo sci era con i compagni di classe, con la scuola, con acquisti furtivi di mignon di liquori e la speranza di un bacio in pullman con la propria fiamma e poi, quando c'era la casa in montagna, si formavano le allegre compagnie fra villeggianti e noi autoctoni, con uno sciare per bande in lunghe processioni lungo le piste tipo tribù. Se penso alla joie de vivre questa ne era un'espressione genuina, perché sciare con gli amici voleva dire affrontare piccole avventure assieme, fare prove di coraggio dai salto al fuoripista, ricopiare le serpentine dei più virtuosi, fare gruppo dalla polenta concia alle prime bevute come prova del fuoco. Poi di impianti a fune mi sono occupato professionalmente (e sempre gratis), cogliendo nei piccoli impianti di cui mi occupai e nelle istanze nazionali ed internazionali di categoria come l'evoluzione dello sci e dell'impiantistica sia stata una delle progressioni più rapide. Si va dal l'attrezzatura personale sempre più tecnica ai sistemi digitali di bigliettazione, da impianti con tecnologie sempre più avanzate a scuole di sci sempre più ospitali, da tecniche di sci in evoluzione a abitudini degli usi e costumi dello sciatore diverse dal passato. Un esempio lampante è il venir meno di un certo bon ton sulle piste: il "kannibale" era un tempo messo alla gogna, oggi ce ne sono molti e minacciosi e tocca sempre guardarsi alle spalle. Tant'è che molti si danno allo scialpinismo non solo per una scelta esclusivamente sportiva, ma per fuggire dalla pazza folla dei momenti di punta. Ma sciare è sciare: credo che questo sport così recente - ho delle belle foto anni Trenta di Pila con mia papà ed i suoi fratelli "pionieri" dello sci - abbia liberato una parte atavica di noi, insita nel gusto tutto animale di scivolare. Quando ho sciato nel grosso capannone di Dubai, con quaranta gradi fuori, con neve eccellente e tanto di seggiovia, ho avuto però conferma di come lo sci non sia per nulla un solo fatto meccanico di cui si può godere in qualunque luogo, come in quella stranezza da sceicchi arabi. Ci riflettevo in queste ore in cui ho iniziato la stagione, portandomi dietro come un cucciolo un Alexis tenace e fierissimo di tenere il passo di papà e soprattutto di... non cadere. Nello sci esiste questo rapporto con la montagna invernale, che è qualcosa di importante e di davvero contemporaneo, perché si è trattato davvero di un cambio di paradigma. Per la gente di montagna - tolta tutta la retorica da laudatores temporis acti - l'inverno era una stagione difficile da affrontare, mentre nel rovesciamento delle cose la neve è diventata da maledizione una benedizione. Si tratta, per quanto si racconti di tanti e suggestivi turismi alternativi, di un caposaldo che consente a milioni di persone sulle Alpi di percorrere le nostre montagne e scoprirne le straordinarie bellezze, scivolando sugli sci. Come da magistrale espressione della celebre canzone del 1963 di Edoardo Vianello: «Dal cucuzzolo della montagna, con la neve alta così, per la valle noi scenderemo, con nei piedi un paio di sci sci...»