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11 dic 2017

Accendiamo gli alberi di Natale

di Luciano Caveri

Esiste lo spirito del Natale così tanto evocato in quest'ultimo tratto di strada che ci porterà in un battibaleno al 25 dicembre? La mia risposta è certamente positiva e poco importa se la retorica dell'anti-retorica osserva, alla fine, che siamo angustiati dagli aspetti più commerciali, che fanno del Natale un oggetto nuovo e cangiante rispetto al passato. Sarà che il Web è ormai tutta una pubblicità, per cui è ancora più evidente questa aggressività, che tra l'altro nuoce gravemente alle aziende che esagerano con gli spot, diventando talmente ossessivi da generare una forma di rifiuto per il prodotto propagandato. Eppure - sarà perché sono nato a Natale - ma penso ci sono scelte collettive che avrebbero un loro perché. Anche se non sempre ci vado d'accordo, la mia vecchia mamma - Brunilde, come un'eroina dei Nibelunghi - ad 87 anni, pur vivendo sola, addobba l'esterno della casa con delle luminarie.

Trovo che sia una scelta condivisibile, perché in fondo si tratta di accettare quel pizzico di allegria che il Natale porta, che si sia partecipi alla natalità cristiana oppure che si sia assorbiti dall'aspetto solo festoso del Natale senza motivazioni religiose. Ecco perché ogni anno mi auguro che siano in tanti, nella piccola Valle d'Aosta che è pure terra sempre più a vocazione turistica e dunque si è tutti compartecipi ad una sorta di scenografia dei nostri panorami già per belli per natura, a mettere alberi illuminati o semplici luminarie per creare l'ambiente. Trovo terribili i Comuni che non riescono a mettere da parte quei soldi necessari per qualche addobbo gioioso, perché sia una forma di mancato rispetto verso i cittadini. A parlare di luci di Natale come le conosciamo oggi non si va distantissimi - lo faceva "Wired" qualche anno fa - perché il primo albero di Natale illuminato con luci elettriche colorate risale al 1882: pochi anni dopo l'invenzione da parte di Thomas Edison dell'illuminazione elettrica. In quell'anno Edward H. Johnson (futuro vicepresidente della "Thomas Edison's illumination company") decise di rendere il suo albero un po' speciale e, al posto delle tradizionali candeline di cera, utilizzò ottanta lampadine rosse, bianche e blu e fu un successo clamoroso. La produzione di massa di luci elettriche per alberi di Natale iniziò nel 1890 ma si devono attendere i primi anni Venti perché questa novità riscuotesse il grande successo di pubblico che tutti oggi conosciamo. E negli Stati Uniti questa storia degli addobbi natalizi è quasi trascesa con vere e proprie competizioni con gigantesche coreografia natalizie. Sappiamo bene che il Natale con la nascita di Gesù ha nel 25 dicembre una data "fittizia", situata non a caso nei paraggi del solstizio d'inverno, quando il sole piano piano inizia a riprendersi le giornate dopo il buio più pesto. In Siria ed Egitto, era il culto del "Sol Invictus", le cui solenni celebrazioni prevedevano che i sacerdoti a mezzanotte annunciassero che la Vergine aveva partorito il Sole, raffigurato come un infante. Da qui il culto arrivò poi a Roma, dove il "sole che nasce" veniva festeggiato con riferimento al dio Mitra. Simbolo ricorrente legato alle celebrazioni per il solstizio naturalmente l'albero, da sempre e per tutte le culture, inteso come simbolo della vita. Ricordo come la quercia, nella Bibbia, sia uno degli alberi che indica la sacralità del luogo e rimanda ad eventi particolarmente significativi per il popolo d'Israele e nella celebre saga nordica dei Nibelunghi (Brunilde!) si dice che al centro della terra vi sia un grande frassino. I druidi, antichi sacerdoti dei Celti, impressionati dagli abeti sempreverdi, li considerarono un simbolo di lunga vita e cominciarono a onorarli nella festa del solstizio d'inverno per non dire della luminescenza naturale del vischio, sotto cui ci si deve scambiare il bacio beneaugurale. L'albero anche infuocato, come i ceppi del camino che sono nella iconografia natalizia, sono altra simbologia, così come nelle rappresentazioni medioevali spuntava l'albero del "frutto del peccato" in cui ad un certo punto si appendevano delle ostie. Nelle aree protestanti, le ostie furono poi sostituite da dolci natalizi fatti in casa. Si aggiunse quindi la carta colorata, argentata o dorata, simbolo delle offerte dei Magi e poi, nelle regioni tedesche vennero più tardi anche le palle di vetro colorato, per dare maggiore luminosità all'albero e poi si usarono le candele, prima appunto dell'avvento delle lampadine, oggi ormai led. Per lungo tempo, la tradizione dell'albero di Natale rimase comunque tipica delle regioni a nord del Reno, questo perché cattolici la consideravano infatti un uso protestante. Dopo il "Congresso di Vienna" l'usanza si allarga piano piano senza confini. A Vienna l'albero di Natale appare nel 1816, per volere della principessa Henrietta von Nassau-Weilburg, ed in Francia nel 1840, introdotto dalla duchessa di Orléans. In Italia la prima ad addobbare un albero di Natale al Quirinale - allora infausta sede del Re - fu la regina Margherita (grande frequentatrice di Gressoney e del Monte Rosa) nella seconda metà dell'Ottocento, e così la moda si diffuse con rapidità. Ma l'albero, così come le luci, nell'intricato evolversi delle tradizioni, che non sono mai ferme ma sempre in movimento (lo dimostra il "Mercatino di Natale" di Aosta, invenzione diventata tradizione in pochi anni), restano come un lungo filo d'Arianna che ci riporta a tante radici che è bene mantenere.