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26 ott 2017

La Valle d'Aosta fra "Le Iene" e Rosy Bindi

di Luciano Caveri

Sogno o son desto? Non vorrei scomodare Cartesio, il padre della filosofia moderna, che si poneva questa stessa domanda, perché io invece volo a bassa quota e mi riferisco all'insieme delle vicende valdostane di questi ultimi tempi, che danno sempre più un'immagine interna - ad uso dei valdostani che ne sono coprotagonisti - ed una esterna - a uso di chi ci guarda e ci giudica - che preoccupano. Sarebbe bene farci mente locale e non cedere alla tentazione, così facile, di rassegnarsi a buttare via il bambino con l'acqua sporca e bisogna fare degli esercizi di autostima che servano anche ad espellere quei veleni che ci stanno rovinando. Mai come adesso purtroppo si è sgretolata quell'immagine di serietà in cui, pur con tutti i difetti su cui sapevamo pure ridere di noi stessi, potevamo riconoscerci e che ci veniva riconosciuta anche da chi ci frequentava e ci osservava. Poteva esserci qualche grumo di invidia o di gelosia, ma in generale esistevano un rispetto ed una considerazione.

Venivamo, in sostanza, considerati una piccola comunità con dei punti di riferimento - mi verrebbe da dire dei valori, cioè le qualità umane, intellettuali e persino morali - che facevano di noi, come si sarebbe detto una volta e senza avere paura delle parole, un piccolo popolo alpino con i suoi "pro" e i suoi "contro", ma con un'immagine tutto sommato linda e rispettabile. Non che negli anni dal dopoguerra ad oggi, cioè in corrispondenza con il percorso politico più recente, non ci fossero state storie più o meno brutte, ma diciamo che si trattava di macchie che con il tempo erano evaporate, mentre oggi per riportarci ad un livello dignitoso ho l'impressione che ci sia molto lavoro da fare. Ci pensavo guardando lo sconclusionato servizio de "Le Iene" sulla questione - legata nel racconto anche a fatti che non c'entravano un tubo - della "scrivania magica" che in Regione, come un "bancomat", ha fatto uscire da un cassetto 25mila euro. Non giudico, finché non si sapranno - se mai si sapranno - le esatte dinamiche dell'avvenimento, il fatto specifico, ma ho ascoltato il tono ammiccante, le interviste "rubate" e montate come si vuole, che davano l'immagine di una Valle d'Aosta come il "Far West". Niente di nobile ed anche ingiusto nel filone che solo le cattive notizie vanno amplificate in una televisione che da mezzo di denuncia - come talvolta la trasmissione fa bene - ad una sorta di circo in cui si infilano vicende considerate mirabolanti per fare ascolto. Ci ragionavo a maggior ragione con la visita della Commissione Antimafia e le dichiarazioni di Rosy Bindi, che la presiede. Lei non è certamente la principessa della simpatia con i suoi noti bruschi (ricordo in una discussione sui fondi sanitari in cui mi girarono le scatole, quando ero deputato, e sbottai contro i suoi sorrisetti sardonici) ma due passaggi mi hanno colpito. Il primo è quando ha ironizzato sulla mancanza del Prefetto in Valle d'Aosta, come se le funzioni prefettizie assegnate al Presidente della Regione (che non è un Prefetto!) fossero una specie di schifezza da rimuovere, mentre è tratto distintivo e innovativo del nostro modello autonomistico. In una Repubblica regionalista i Prefetti - ed io ho avuto un bisnonno e un nonno Prefetti di carriera! - non ci dovrebbero essere, come osservava una personalità come Luigi Einaudi. Per cui fare dello spirito, come se questo fosse una vicenda che alimenta tratti delinquenziali, ci fa capire la greve aria dei tempi rispetto alla Valle d'Aosta. La seconda considerazione riguarda i rischi di "voto di scambio" ed il fatto che elementi di inquinamento della politica locale possano derivare dalla presenza di personaggi e famiglie legati alla 'ndrangheta: la Bindi ha fatto bene a segnalarlo, visto che chi fa politica ha sempre sentito parlare di "pacchetti di voti" in vendita nella comunità calabrese e di voti "comprati" a suon di clientele o di sconti - si racconta - su polizze assicurative, ma francamente si tratta di un argomento trito e ritrito su cui sarebbe bene che le autorità preposte facessero luce e sono dei dipendenti dello Stato a doverlo fare. Per cui, ciò detto, bisogna passare alla parte ricostruttiva e ridare dignità alla Valle d'Aosta e per farlo non c'è grande alternativa: bisogna che gli onesti si guardino negli occhi, evitino di darsi alla macchia perché disgustati e diano il loro contributo ad una stagione rinnovata che sappia guardare avanti, prendendo le molte cose buone che ci vengono dalla Storia del passato, quando di noi si diceva bene e noi stessi ci sentivamo stimati se non persino ammirati. Altrimenti la china discendente potrebbe non finire mai o meglio far finire la Valle di fronte ad uno sfasciacarrozze delle Istituzioni, pronto ad smontare pezzo per pezzo il nostro ordinamento con l'alibi perfetto della manifesta indegnità. Se non si reagisce per tempo...