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17 ott 2017

Telefonino, telefonino delle mie brame...

di Luciano Caveri

Va bene il rischio c'è: la dipendenza da telefonino esiste. Lui, il telefonino, è una creatura multitasking ed è così onnivora da mangiare pure il nostro tempo, tanto che devi spremerti le meningi per pensare a come prima lo occupassi. Forse talvolta ci si riposava o si entrava in quella logica - che esiste come parola pure in francese - che è "farniente", l'ozio indispensabile per far fruttare il... negozio. Oggi siamo connessi ovunque e ripeto che un giorno verrà in cui i "buen retiro" senza "wi-fi" saranno presi d'assalto, come le cliniche della salute per riscoprire sensi e sensazioni, oggi in parte appaltati ad un assorbente mondo virtuale. Coltiva questa nostra nuova protesi digitale una situazione ambigua: la solitudine accresciuta con gli affetti che ci circondano, perché sei lì che contatti persone remote o fai altre cose che dovrebbero renderti social ed invece diventi antisociale con chi è in prossimità.

Esempio, chiaro come il sole, i gruppi di ragazzi in compagnia che scrivono compulsivamente, pur stando assieme, con chi non c'è, a svantaggio di chi c'è. Oppure quel libro cartaceo che hai cominciato e che stenti a riprendere in mano perché, se segui le ultime notizie, non finisci mai, perché ormai incalzano da tutti gli angoli del mondo e puoi passarci la notte, volendo. Ma il più incombente resta "Whatsapp", diventato il sistema di scrittura più diffuso fra singoli e in gruppo e proprio i gruppi finiscono per essere una vera ossessione. Vieni inserito talvolta di default e poi devi fare la scelta titanica di tirarti fuori, se non ti interessa, ma sapendo quanto la tua uscita sarà notata e commentata.
Il più recente dei miei gruppi, che per altro gestisco io, è il mirabolante "III B dalla classe del Liceo Classico Carlo Botta" cui appartenevo ad Ivrea con diploma nel 1978 e con orrore ci stiamo avvicinando al quarantennio e trovo stimolante che siamo tutti vivi. Abbiamo fatto in passato alcune cene, con alcuni sono rimasto in contatto con diversi gradienti di frequentazione. Ma ora il Gruppo sta - di fatto - ricreando fra noi (mancano in sostanza due tre persone, una non sta bene, l'altro non è interessato e la terza si è tolta!) l'analoga atmosfera giocosa e vagamente goliardica della nostra classe. Con la straordinaria impressione che i tratti fondanti del nostro rispettivo carattere sono rimasti quelli di allora, in una divisione dei ruoli che sa dolcemente di déjà vu. Poi, ognuno nella vita - ne parlavamo in queste ore - in simpatici dialoghi incrociati, ha fatto la sua strada, di cui è più o meno soddisfatto. Ma vedere le nostre foto scambiate sul Web e quelle dei nostri figli (e per qualcuno dei nipoti) dà ancora il senso di un gruppo che era diventato solido e che non abbiamo fatto fatica a ricreare quello spirito che già allora avevamo. Chiudo con qualche illuminante citazione da "Twitter":

«I tempi cambiano. Prima se tornava all'improvviso dovevi nascondere l'amante nell'armadio ora devi lanciare lo smartphone dalla finestra». (@luilla) «Uno smartphone ha due milioni di volte le potenzialità del computer dell'Apollo11. Loro ci andarono sulla Luna, noi ci stiamo twittando Sanremo». (@david_isayblog) «La nostra vita può essere riassunta come un'infinita lotta tra il bene e il correttore automatico dello smartphone». (@FranAltomare) «Strano posto la chiesa. Tanta solidarietà, tanta gente che sorride e ti stringe la mano, ma neanche un caricatore per smartphone». (@marcosalvati) «Nessuno smartphone per i miei bambini. Hanno bisogno di soffrire anni di fugace e imbarazzante contatto visivo con gli estranei». (anonimo) «Al "Cern" hanno intrappolato un fascio di antimateria e su "Facebook" ancora condividono link per essere sorteggiati e vincere uno smartphone». (@Rubinomauro) «Al semaforo scatta il verde e nessuno più suona, tutti a guardare lo smartphone». (anonimo) «Uno smartphone sarà veramente intelligente il giorno in cui dirà lascia perdere prima che tu prema invio». (@samanthifera) «"Rispetto a qualche anno fa, il sabato notte, i giovani rincasano prima"... e ci credo, a metà serata è già finita la batteria dello smartphone!».(@nickbiussy) «L'unica cosa che ci dissuade dallo spaccare la sveglia, è che la sveglia è il nostro smartphone». (@david_isayblog) «Fidarsi è bene, gettare lo smartphone fuori dalla finestra se lei ti chiede: "Fammi vedere chi era", è meglio». (@masse78) «Speriamo che la luce in fondo al tunnel non abbia la batteria di uno smartphone o la vedo buia per tutti». (@PerryBoone) «Essere moderno non significa possedere uno smartphone, ma poter decidere di poterlo spegnere». (@insopportabile) «Il caricabatterie dello smartphone è il nostro nuovo cordone ombelicale».(@rubinomauro) «A me piaceva scrivere sms. Quando erano limitati e a pagamento, pensavo molto bene al contenuto e la risposta arrivava nello stesso modo». (@NinaEin) «Il problema è che la gente si rende conto di quanto sia davvero sola, solo dopo aver lasciato lo smartphone a casa». (@manuela_reich) «Quando i rullini li pagavi col cazzo che ti mettevi a fotografare gli affettati agli aperitivi». (@Bigguns) «Mi ci vuole un'ora per trovare l'applicazione macchina fotografica nello smartphone, figuriamoci se mi metto a cercare il senso della vita».(@postofisso2012) «Se regalate alla zia 65enne lo smartphone e le insegnate ad usare Whatsapp, accertatevi di non essere il suo unico numero in rubrica». (@robgere) «Se qualcuno vi parla mentre siete impegnati con lo smartphone mandategli un messaggio su Whatsapp con scritto "non ti sto ascoltando"». (@postofisso2012) «Gli adolescenti di oggi quando sono nel bagno della scuola si confrontano la lunghezza dello smartphone». (@postofisso2012) «Raga ma vi ci vedete a 70 anni con lo smartphone in mano? Che tristezza, viva la briscola!». (@ri_ghetto)

Ho ancora qualche annetto per pensare a quest'ultima...