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30 ago 2017

I figli

di Luciano Caveri

I figli di chi abbia avuto una vita pubblica crescono, se mai esibiti ed anzi protetti dal rischio di spettacolarizzazione della famiglia da campagna politica "all'americana", con una sorta di riserbo nei confronti dell'attività dei propri genitori. A me, come papà, talvolta è dispiaciuto che questo pudore dei miei - opportunamente protetti da rischi di esposizione - si mantenesse nel tempo anche durante la loro crescita, ma so che è normale che sia così, specie perché i due più grandi - Laurent, quasi ventidue anni ed Eugénie, vent'anni oggi (auguri!) - erano davvero bambini, essendo nati nel cuore dei miei mandati politici e forse per loro, ad essere franco, la politica ha significato che io non ci fossi in tante occasioni in cui l'avrebbero voluto, e la lontananza non è mai una cosa buona quando si cresce.

Me ne dolgo, ma quando l'ho fatto è perché ritenevo giusto adempiere in pieno alla fiducia che mi era stata data nei diversi ruoli elettivi che ho avuto. Sorrido amaro quando leggo dei politici come persone che non lavorano e che vivono in una specie di dolce far niente: io - sarà perché gran parte l'ho vissuta a Roma e poi a Bruxelles - ho vissuto con la valigia in mano e senza mai lesinare gli sforzi nel lavoro. Niente di eccezionale, solo il mio dovere, ma non ci accetto quel chiacchiericcio che si fa senza distinguo sui politici poltroni che scaldano le sedie. Ce ne saranno pure, ma ricordo sempre che l'arma per scalzarli - il voto - ce l'hanno i cittadini. Ma dicevo dei figli - essendosi poi aggiunto sei anni fa il piccolo Alexis, cui posso dedicare ora più tempo - e dei pensieri che ti vengono con il passare del tempo, quando ti domandi - capendo di più i tuoi genitori quando a crescere eri tu e ad invecchiare erano loro - che cosa faranno. Sapendo che una parte del proprio modo di essere deriva dal patrimonio genetico che abbiamo trasmesso loro e poi naturalmente dall'ambiente sociale e culturale in cui vivono, ma esiste poi qualche cosa di più che li rende unici e originali e non solo all'occhio amoroso di padre. Ma perché è questa la straordinaria realtà degli esseri umani: così come è diversa in ciascuno di noi l'impronta digitale del dito o l'iride dell'occhio lo è anche la personalità, che rende ciascuno diverso da un altro, qualunque cosa faccia nella sua vita. Oggi certo capita di pensare ad Eugénie che raggiunge un'età bellissima, piena di orizzonti, che saprà realizzare con quel suo carattere dolce e spigoloso allo stesso tempo e con quella capacità critica e acuta di vedere il mondo e di giudicare, talvolta con un solo sguardo con i suoi occhi profondi e intelligenti. Ed è come se vigilasse su di lei il fratello più grande Laurent, diventato un gigante rispetto a me, con il suo sorriso sornione e la camminata a lunghi passi, svelto nelle cose pratiche, come se la manualità fosse un antidoto a quegli aspetti intellettuali che fa finta di snobbare, ma poi ti accorgi della sua solidità anche in quello. A guardarli, ammirato dai suoi «fratelloni», che descrive con fierezza a chiunque sia suo coetaneo e conosca anche per pochi minuti in un parco giochi, è Alexis, che ha il brio e la sveltezza che stupiscono e divertono in un'età che è meravigliosa per lui e per chi si può abbeverare alla sua voglia di crescere e di scoprire. E' vero che nella crescita loro, dei tuoi figli, c'è insito il tuo progressivo invecchiamento. Ma in fondo non è altro che il ciclo delle stagioni e loro sono primavera e tu autunno. E viene in mente quella bella poesia di Khalil Gibran, intitolata "I figli": «I tuoi figli non sono figli tuoi. Sono i figli e le figlie della vita stessa. Tu li metti al mondo ma non li crei. Sono vicini a te, ma non sono cosa tua. Puoi dar loro tutto il tuo amore, ma non le tue idee. Perché loro hanno le proprie idee. Tu puoi dare dimora al loro corpo, non alla loro anima. Perché la loro anima abita nella casa dell'avvenire, dove a te non è dato di entrare, neppure col sogno. Puoi cercare di somigliare a loro ma non volere che essi somiglino a te. Perché la vita non ritorna indietro, e non si ferma a ieri. Tu sei l'arco che lancia i figli verso il domani».