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26 ago 2017

I droni buoni e quelli cattivi

di Luciano Caveri

E' naturale che, nel corso della propria vita, appaiano ma anche scompaiano oggetti, perché frutto di nuove scoperte oppure, al contrario, destinati al dimenticatoio, perché improvvisamente obsoleti. Oggi - esempio di qualcosa che si afferma lentamente per poi apparire come elemento accertato - ci sono i droni, che fanno ormai parte del nostro quotidiano. Ciò avviene nell'uso professionale ma anche nell'impiego per lo svago. Alzi la mano chi non ha un amico, che ormai sfida le rigide regole di volo, che è diventato un maniaco nell'uso di questo oggetto volante. Ma cominciamo dal nome "drone". Federico Petroni, giovane giornalista in un suo e-book che ha scritto insieme al collettivo "iMerica", "La guerra dei droni", racconta la storia, partendo dal nome: «Sulla questione c'è ancora un velo di mistero. In inglese antico, il termine significava "rimbombo", mentre in quello moderno sta per "fuco", il maschio dell'ape. Ecco, la metafora che riconduce il drone all'insetto è molto in voga».

Quindi da una parte c'è il rumore che il velivolo produce, dall'altra le specifiche di utilizzo del mezzo, usato in origine esclusivamente come bersaglio per esercitazioni e dunque "passivo" come il povero fuco. Chissà che poi non sia un'unione dei due aspetti: rumore e funzione. Chi ha studiato l'origine costruttiva degli attuali mezzi trova, come quasi sempre nelle scoperte dell'umanità, l'uso militare come chiave di volta. Il primo antenato del drone va, infatti, ricercato in quei palloni carichi di esplosivo che nel 1849 gli austriaci usarono per bombardare Venezia. Nella prima guerra mondiale si tentarono nuove soluzioni per far diventare una realtà i velivoli senza pilota, ma fu Reginald Denny (attore e appassionato modellista), nel secondo conflitto mondiale, che sviluppò i primi elicotteri radiocontrollati su larga scala. Mettiamo un po' di ordine. Quelli che oggi noi vediamo in giro, in vendita anche a prezzi ribassati, sono droni con struttura a eliche (presentano una o più eliche classiche montate su dei bracci meccanici; si comportano come mini-elicotteri e volano in modalità molto versatili). Ma in realtà - almeno chi ha la mia età - intendeva anzitutto come droni quei veri e propri aerei pilotati in modo remoto. Si tratta dei droni con struttura planare (sono simili ad aeroplani, poiché possiedono ali e non eliche: queste tipologie di droni volano a medie e lunghe distanze). Poi ci sono gli ibridi che sono un'ulteriore frontiera, perché possono volare o muoversi sulla terra grazie alla presenza di coppie di ruote motrici. Fatto sta che questi benedetti droni (uso buono) o maledetti droni (uso cattivo) oggi si utilizzano in modo sempre più diffuso: per chi, come si occupa anche di televisione, per le riprese dall'alto sono una straordinaria risorsa, ma la loro duttilità consente di adoperarli nei modi più svariati. Ne ricordo alcuni: monitoraggio dei ghiacciai, delle frane, degli incendi, delle eruzioni vulcaniche. Può essere usato per il soccorso in montagna, ad esempio su valanghe, ma anche per il controllo negli stadi, alla ricerca di discariche abusive, per il controllo del traffico (multe comprese...), per vedere la stabilità di strutture come i ponti. Ormai ci sono molte sperimentazioni per la consegna di pacchi o di forniture. Un uso che diventerà sempre più grande, costringendo a regole di volo dettagliate, che già sono improntate alla severità, perché un drone può anche cadere e su di una folla i rischi possono essere enormi. E questo è già il lato oscuro della medaglia, cui si aggiungono le modalità d'uso da parte dei militari sui campi di battaglia, ma anche da parte dei terroristi e si sa che anche gli islamisti si stanno attrezzando. Insomma: bisognerà abituarsi e cercare di sviluppare, come ogni frutto dell'ingegno umano, più sugli aspetti positivi che su quelli negativi. Intanto - non distante da noi -, la Gendarmerie di Chamonix ha fatto sapere quali siano le regole da seguire per chi fa volare i droni sul Monte Bianco e sulle riserve naturali. Zone come le Aiguilles Rouges, Passy, Sic de Sixt-Fer-à-Cheval e le Dômes de Miage sono interdette al volo dei droni guidati da dilettanti, mentre invece fino ai mille metri il volo è consentito ai professionisti. La zona del massiccio del Monte Bianco è regolata in base alle esigenze del soccorso alpino. Inoltre i droni sono interdetti in tutte le zone dal primo luglio fino al 31 agosto. La zona del DZ des Bois a Chamonix, è interdetta tutto l'anno, pena un'ammenda di quindicimila euro e sei mesi di prigione. La gendarmeria fa sapere: "E' importante informare la gente e ricordare che ci sono delle regole per l'utilizzo dei droni in generale e in particolare sul massiccio del Monte Bianco". Ha detto il capitano Philippe Sebah «Sempre più alpinisti o sciatori salgono con un drone nello zaino e quando arrivano in montagna lo tirano fuori per filmarsi o per fare delle foto». Proprio a maggio un incidente era stato evitato quando il comandante dell'elicottero, in prossimità del Mont Dolent (3.823 metri) è stato allertato dal tecnico e dai soccorritori a bordo della presenza di un drone. Il pilota non era riuscito a vederlo e l'impatto avrebbe potuto avere conseguenze tragiche. Oggi si calcola che siano circa tre milioni e mezzo i droni grandi e piccoli in giro per il mondo e non è difficile pensare che - finalmente! - la loro evoluzione o qualcosa d'altro ci porterà finalmente le "macchine volanti", che aspetto con impazienza fin dai miei primi libri di fantascienza...