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22 apr 2017

La corsa all'Eliseo

di Luciano Caveri

In un clima di generale di sfiducia che non è certo promettente e che ho verificato di persona nelle scorse ore, in Francia si voterà al primo turno domenica prossima per l'elezione del nuovo Presidente della Repubblica, mentre il ballottaggio avverrà il 7 maggio. Il test elettorale ha un valore non solo per i destini d'Oltralpe ma sul piano europeo e inoltre non può non interessare i valdostani per i rapporti storici con una Paese confinante e anche perché si calcola che almeno mezzo milione di francesi abbiano una qualche ascendenza valdostana, anche se la gran parte ne è ormai inconsapevole. In passato certi rapporti con la politica e le istituzioni francesi erano più stretti - io me ne occupai a lungo da parlamentare (con la soddisfazione di ricevere la "Légion d'honneur") e brevemente da presidente della Regione - mentre piano piano, specie in questi ultimi anni, è calato un certo disinteresse, di cui l'assenza nelle riunioni più importanti della Francofonia è stato il segno marcato di una sorta di oblio rispetto invece ad un'istanza internazionale che consentiva alla Valle di coltivare una propria, pur piccola, politica internazionale.

Le elezioni francesi vedranno, in barba alla semplificazione derivante dai sistemi elettorali della Quinta Repubblica, ben undici candidati. In ordine alfabetico, che hanno il parainnage necessario con 500 firme di eletti: Nathalie Arthaud ("Lutte ouvrière"), François Asselineau ("Union populaire républicaine"), Jacques Cheminade ("Solidarité et progrès"), Nicolas Dupont-Aignan ("Debout la France"), François Fillon ("Les Républicains"), Benoît Hamon ("Parti socialiste"), Jean Lassalle ("Résistons!"), Marine Le Pen ("Front national"), Emmanuel Macron ("En marche!"), Jean-Luc Mélenchon ("La France insoumise"), Philippe Poutou ("Nouveau parti anticapitaliste"). Gli unici due che conosco di persona sono Fillon - in modo fugace anni fa - e Lassalle, che invece ho frequentato per anni nell'Associazione europea degli eletti della montagna ed è un bizzarro deputato dei Pirenei. Fillon, candidato gollista del centrodestra, pareva il favorito per eccellenza, dopo aver vinto le primarie contro Alain Juppé, liquidando al primo voto delle primarie Nicolas Sarkozy. Invece è finito impantanato in una storiaccia di fondi pubblici a beneficio dei suoi familiari, ma testardamente non si è ritirato. Per cui ha dato fiato, in una posizione centrista assai solida, a Macron, già ministro nel Governo a guida socialista, che ora si batte con il candidato del PS Hamon, che pare destinato ad una seconda fila. Vento in poppa inaspettato per il candidato di Sinistra, il già socialista Mélenchon, mentre - in una logica di opposti populismi - tiene abbastanza il punto la candidata più a destra, la Le Pen. Per me è lei naturalmente la peggiore dei candidati in lizza per la matrice fascista che resta nascosta ma esiste e per la scelta ferocemente antieuropeista, condivisa per altro con i candidati di area comunista a dimostrazione di come gli estremismi su certi punti si attraggano. I sondaggi di questi giorni disegnano diversi scenari possibili per il voto decisivo di inizio maggio. Prendiamo una sintesi qualunque: "François Fillon, Marine Le Pen, Emmanuel Macron et Jean-Luc Mélenchon peuvent tous se qualifier au second tour de l'élection présidentielle de la semaine prochaine, les résultats des derniers sondages donnant un écart particulièrement serré entre les quatre candidats en tête". Personalmente credo che la sfida finale sarà fra Macron e Le Pen con l'Eliseo raggiunto dal primo, ma si tratta di una previsione ad alto rischio, vista la triste verità: i sondaggi ormai non sono credibili per la capricciosità dell'elettorato, per una certa omertà a scoprire anzitempo il proprio voto o persino il divertissement di imbrogliare le carte. Fra pochi giorni ci toglieremo una prima curiosità e subito dopo ci sarà il responso, il cui esito non sarà banale.