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15 apr 2016

L'evasione fiscale senza scomodare Panama

di Luciano Caveri

George Orwell, che ha saputo sondare l'animo umano e le distorsioni della vita collettiva, ha scritto: «Nessuno è patriottico quando si tratta di pagare le tasse». Ma certe vicende recenti confermano che gli evasori fiscali sono davvero apolidi, cioè privi volontariamente per disonestà di una cittadinanza. Mi riferisco ai "Panama Papers", il nome dato agli undici milioni e mezzo di documenti emersi grazie ad un'inchiesta giornalistica, la più grande fuga di notizie finanziarie della storia. Si occupa delle società "offshore", in gergo finanziario questo significa "all'estero", che partendo da Panama, staterello caraibico, si dipanavano in altri "paradisi fiscali" per far sparire una parte o tutta la ricchezza di persone le più varie, accomunate dalla scelta di non pagare le tasse nel proprio Paese. Cittadini del mondo per fregare i propri concittadini.

Vedremo se spunterà qualche valdostano e per altro sappiamo bene che l'evasione fiscale c'è anche in Valle d'Aosta senza bisogno di scelte esterofile. Leggiamo spesso anche da noi l'annuncio di inchieste e poi processi: fosse per me, al di sopra di certi importi significativi, andrebbero ogni anno pubblicati nomi e cognomi di chi viola la legge, specie perché irrispettosi dei tacitiani principi costituzionali dell'articolo 53: "Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva. Il sistema tributario è informato a criteri di progressività". Detto così parrebbe facile, se poi le norme fiscali e la loro applicazione non fossero una giungla inestricabile e il livello di tassazione raggiunga in Italia livelli indifendibili, ma questo non deve - perché sennò l'ingiustizia si tingerebbe di paradosso - penalizzare gli onesti che pagano rispetto a chi sfugge ai dovuti pagamenti. Nel caso valdostano poi, con il meccanismo del riparto fiscale, chi non paga lo fa a detrimento non di un soggetto esattore distante o sconosciuto, ma in prevalenza delle casse della propria Regione autonoma e del resto della comunità cui appartiene. Caso adamantino di cosa significhi far corrispondere ai diritti dell'Autonomia anche propri doveri. Bisognerà pensarci, anche se magari elettoralmente scomodo per chi fa politica come se fosse una perenne caccia al voto senza scrupoli morali, quando si metterà mano allo Statuto valdostano. Pensiamo alle imposte dirette, quelle che - da definizione scolastica - colpiscono una manifestazione immediata della capacità contributiva del soggetto passivo: sono, ad esempio, imposte che colpiscono il patrimonio o il reddito. Ebbene, l'inespresso articolo 13 del vigente Statuto d'autonomia dice, benché avvolto da certe ragnatele perché risalente al 1948: "Ai fini dell'accertamento delle imposte dirette erariali, gli uffici finanziari dello Stato nella Regione comunicano alla Giunta regionale la lista dei contribuenti che, domiciliati nella Valle, possiedono redditi tassabili al loro nome mediante ruolo. La Giunta esamina la lista, la completa e la rettifica, aggiungendovi coloro che furono omessi e che vi dovevano essere compresi e cancellandone coloro che per qualsiasi causa vi furono indebitamente iscritti o che per motivi sopravvenuti ne debbono essere esclusi. Delle variazioni introdotte la Giunta deve indicare la ragione. La Giunta indica altresì gli altri dati necessari per il nuovo o migliore accertamento dei tributi nei confronti degli iscritti nella lista. Gli uffici finanziari dello Stato nella Regione sono tenuti a riferire alla Giunta i provvedimenti adottati in base alle indicazioni dalla stessa ricevute". Basterebbe una bella norma di attuazione per modernizzare il sistema mai funzionante non in una logica poliziesca o inquisitoria, ma per dare il senso di un controllo consapevole sulle proprie entrate e risorse. Certo questo prevederebbe disciplina e senso civico e scuotersi di dosso l'idea che così è stata espressa in passato con crudo realismo da Eugenio Scalfari: «La maggior parte degli italiani odia lo Stato o quantomeno lo ritiene estraneo e quindi evade le tasse perché non è un reato evadere le tasse di uno Stato odiato». Chissà che certi frodatori del fisco valdostani non facciano solo finta di dimenticarsi che la loro evasione tocca non uno Stato distante ma meccanismi di un ordinamento finanziario che alimentano l'Autonomia. Poi naturalmente, ma è anch'essa una componente della democrazia che ci porterebbe lontano nell'analisi, esiste un problema di qualità e di probità dei governanti, che finisce per essere decisivo in certi frangenti.