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26 mar 2016

Certe cose fra il vecchio e il nuovo

di Luciano Caveri

Ci sono delle cose che facciamo che sono ineluttabilmente polverose e con qualche ragnatela già attaccata, segno evidente del loro invecchiamento e bisogna prenderne atto senza atteggiamenti conservatori, perché fermarsi è quanto di più sbagliato si potrebbe fare. Anzi, cercare formule nuove e diverse potrebbe risultare uno stimolante esercizio intellettuale. Ci penso da tempo ogni volta che vado ad un convegno: un tempo ero spesso relatore, oggi spesso uditore. Ma non cambia l'esito. Ci siamo abituati a modalità di interazione molto diverse e soprattutto più rapide ed interattive, perché le nuove tecnologie ci hanno abituato a messaggi brevi e essenziali, togliendo molti orpelli inutili. Pensiamo così ai tempi d'intervento, che scontano tempi di attenzione sempre più risicati e si è come sospesi fra la vecchia oratoria che è sempre un'arte e la tentazione di utilizzo di immagini, filmati, soluzioni grafiche, che però rischiano di essere un'evidente distrazione.

E comunque il pubblico si stufa presto e la maggior parte ormai ha telefonini per cui, o parla Demostene o un mago dell'infografica ed affini, oppure dopo un pochino le persone presenti se ne vanno per conto loro sul Web. Stesso rischio per i congressi politici: in particolare per quella parte ormai vetusta che sono i saluti delle forze politiche e sindacali che ammazzano anche il più vispo dei congressisti. Inviti amici (attuali o futuri) che ti lodano, mentre gli avversari ti tirano bordate, anche se magari con il tono educato del l'ospite che ti fa capire che la pietanza che gli hanno servito è immangiabile. Ma la vetustà spicca nelle Fiere di vario genere: in questo periodo ne ho viste due, "ExpoCasa" a Torino ed il "Salon Habitat-Jardin" a Lausanne. Il primo davvero di basso livello, il secondo ricco e valido. Ma entrambi sono accomunati da modalità del tempo che fu con vecchie logiche di stand e dépliant che sanno ancora di cose già troppo viste e non più al passo con i tempi. Capisco che è più facile la critica che la proposta e preciso che non penso affatto che il mondo virtuale di Internet possa inglobare il giusto e sano desiderio di incontro personale e di bagno di folla che fa parte delle caratteristiche sociali della razza umana. Ma so che vincerà chi a convegni, congressi, fiera e saloni saprà applicare qualche cosa di nuovo, altrimenti il declino è nelle cose. Da questo punto di vista è straordinario seguire in Italia e nel mondo la grande lotta dei giornali di carta stampata per sopravvivere. Oggi le edizioni digitali hanno come d'improvviso assunto insperate ricchezze per valorizzare il lavoro delle redazioni, che vedono con preoccupazione - tipo la sabbia che scivola nella clessidra - il venir meno delle copie vendute e brutte contrazioni della pubblicità. Si può cambiare pelle e lo si può fare senza buttare via il bambino con l'acqua sporca. Ma anche in quel caso si brancola abbastanza nel buio. Curiosa sorte della nostra condizione umana: siamo tutti bravissimi a cavalcare il nuovo quando appare, ma siamo balbettanti quando il vecchio non ha ancora partorito il nuovo. Per cui tocca stare in campana e magari, nel piccolo di ciascuno, vedere se si può dare il giusto maquillage a quanto appare visibilmente invecchiato. L'abitudine e la ripetitività rassicurante, anche di quello che non funziona più, uccide ogni fantasia.