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21 mar 2016

Una generazione senza politica

di Luciano Caveri

Ho due figli grandi di diciotto e vent'anni e seguo con curiosità e naturalmente affetto paterno la loro crescita in un epoca in cui, rispetto alla vita, si avvicinano scelte di studio e poi di lavoro sempre più decisive. Poi naturalmente guardo ai giovani - il futuro per ovvie ragioni generazionali - e la prima cosa che salta agli occhi è proprio nel fatto che, magari perché la prospettiva di vita si allunga, il termine "giovane" è ormai una fisarmonica che si è ormai dilatata oltre i quarant'anni e la circostanza è piuttosto irrealistica, ma è così e bisogna prenderne atto. Osserva Eugenio Scalfari, l'ultimo grande vecchio del giornalismo italiano, sulla sua rubrica su "L'Espresso", il "Vetro Soffiato": «(...) i giovani tra i 18 e i 25 anni sono completamente disinteressati alla politica. Non si informano, non comprano i giornali, non entrano nelle librerie e non leggono se non cliccando: clic dei telefoni cellulari o per viaggiare sulla Rete dove possono avere notizie telegrafiche ampiamente sufficienti per loro. Ma attenzione: i giovani che una o al massimo due volte al giorno cliccano per leggere notizie politiche o di cronaca sono una esigua minoranza. Il grosso dei navigatori usano la Rete per tutt'altri scopi, videogiochi, gare sportive, gioco a scacchi, ricerca di ragazze o ragazzi in fiore e intrecciano amori con persone che abitano in Paesi lontani e magari in diversi continenti. Questo fenomeno non riguarda soltanto i giovani italiani ma gli utenti della Rete in tutto il mondo e dimostrano la crisi d'epoca dilagante e destinata ancora ad accrescersi».

Poi Scalfari affonda la lama e stimola la riflessione: «Il risultato politico è e sempre più sarà la scomparsa dei partiti. Tutti. Non importa il loro programma e i valori dei quali affermano d'essere i portatori. I giovani barbari, come a me piace chiamarli, non sono autori di barbarie, tutt'altro: sono giovani pacifici e interessati alla loro vita pratica, al loro lavoro, ai loro rapporti sociali, ma rifiutano in blocco di interessarsi alla politica e di parteciparvi. Vivono con i loro coetanei, con loro si divertono, con loro lavorano e tra di loro si amano con piena libertà sessuale. I figli non saranno affatto diversi poiché non hanno avuto una diversa educazione. Vivono il presente. Viaggiano molto, conoscono i loro simili degli altri Paesi, hanno una lingua franca nella quale esprimersi, si raggruppano sempre più tra loro attraverso i "social club" e aspettano di veder sorgere nuovi valori che del resto saranno proprio essi a dover esprimere. Quali valori? Non lo sanno perché quei valori debbono nascere da soli, emergendo dai loro comportamenti in parte consapevoli e in parte ancora racchiusi nel loro inconscio. E' una crisi epocale e globale della quale noi vecchi vediamo il presente ma non il futuro. Del resto anche loro vivono soltanto nel presente. I loro progetti sul futuro sono assai nebulosi; quanto al passato, con esso hanno tagliato tutti i ponti. Conoscono ovviamente il padre e la madre che li hanno messi al mondo e tutt'al più i nonni. Quanto ai bisnonni ne ignorano completamente il nome e non hanno nessun interesse a scoprirlo. Cultura politica zero ma la scienza li interessa e così pure la tecnologia; li interessa anche la musica, la pittura, l'architettura». Ho estrapolato questa parte è ovviamente mi sento di commentare che sarebbe sbagliato fare di ogni erba un fascio, ma la tendenza è quella indicata. Esiste e si afferma un diritto all'oblio - per così dire - che significa appunto nuovi valori, di cui non solo sfugge l'esatto contorno, ma ci si domanda quale ripercussione avranno sulla democrazia e la cittadinanza, così come sono ad ora le abbiamo conosciute. Non sono scelte e atteggiamenti né giuste né sbagliati, ma si entra in effetti in un terreno vergine, conseguenza dei tempi. Ogni epoca conferma le istituzioni all'idem sentire e vivere di rimpianti non serve a nulla. Tutto cambia, speriamo solo che sia in meglio.