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05 mar 2016

Il sonno della ragione genera mostri

di Luciano Caveri

Pensierino politico "alto" il giorno in cui si celebra l'anniversario dell'Autonomia Speciale e neve e pioggia sembrano scatenate a seconda delle quote. Quando ci si trova di fronte a momenti di un certo smarrimento - e questo avviene anche in politica, specie se a confusione si somma confusione - il rischio è quello di ricorrere a scorciatoie. Meglio, invece, affidarsi alle buone letture, che si ritengono alla base delle proprie convinzioni. Mi sarebbe piaciuto vivere nell'epoca dell'Illuminismo (che oggi viene accusato da molti, con leggerezza, di smarrimenti ideologici successivi), cui ho dedicato - studiandone alcuni aspetti di un carteggio - la mia Tesi di Laurea. Per chi crede nel federalismo si trovano lì autori, primo fra tutti Immanuel Kant, la cui modernità è sempre valida, pure in questa nostra epoca in cui si vive di incertezze.

Così mi viene in mente Francisco Goya y Lucientes, considerato il più grande dei pittori spagnoli dell'età illuminista, la cui vita si svolge fra metà del Settecento e la prima parte dell'Ottocento (muore nel 1828). A lui si devono scene tratte dalla vita reale ed anche immagini fantastiche frutto della sua immaginazione. Ma spostiamoci un attimo, Kant per spiegare le speranze della Ragione come elemento di Libertà dice: «Per ciascun essere umano singolarmente preso è dunque difficile liberarsi da una minorità divenutagli quasi natura. E' giunto perfino ad amarla, e di fatto è effettivamente incapace di servirsi della propria intelligenza, non essendogli mai stato consentito di metterla alla prova. Precetti e formule, questi strumenti meccanici di un uso razionale, o piuttosto di un abuso, delle sue disposizioni naturali, sono i ceppi di una permanente minorità. Ed anche chi si scrollasse di dosso il giogo, farebbe nondimeno solo un salto malsicuro anche sopra il fossato più stretto, non essendo abituato a muoversi così liberamente. Quindi solo pochi sono riusciti, lavorando sul proprio spirito, a districarsi dalla minorità camminando, al contempo, con passo sicuro». Più avanti argomenta: «A questo rischiaramento, invece, non occorre altro che la libertà; e precisamente la più inoffensiva di tutte le libertà, quella cioè di fare pubblico uso della propria ragione in tutti i campi. Ma sento gridare da ogni parte: non ragionate! L'ufficiale dice: non ragionate, fate esercitazioni militari! L'intendente di finanza: non ragionate, pagate! L'ecclesiastico: non ragionate, credete! (Un unico signore al mondo dice: ragionate quanto volete e su tutto ciò che volete, ma obbedite!) Qui c'è restrizione alla libertà dappertutto. Ma quale restrizione è d'ostacolo all'illuminismo, e quale non lo è, ma piuttosto lo favorisce? Io rispondo: il pubblico uso della propria ragione deve sempre essere libero, ed esso solo può realizzare il rischiaramento tra gli uomini». Così viene in mente, tornando a Goya, quella sua incisione chiamata "Il sonno della ragione genera mostri", che fa parte di una serie di ben ottanta realizzazioni definita in italiano "I capricci", pubblicata nel 1799. Al centro del celebre disegno figura un uomo che probabilmente sta dormendo su di una sorta di scrivania dove c’è scritto in spagnolo "Il sonno della ragione genera mostri" ed alle spalle del soggetto si ergono un gran numero di bestie, tra cui gufi, pipistrelli e altri animali della notte. Questi animali sono creazioni della sua mente; il significato più verosimile - anche sulla base di tre manoscritti del pittore - è che la fantasia, solo se unita alla ragione, può essere uno strumento dalla potenza inesauribile. Quanto queste riflessioni valgano oggi per la politica, preda di fantasie senza la solidità del raziocinio, è del tutto evidente!