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01 dic 2015

Il Medio Oriente e un mondo in fibrillazione

di Luciano Caveri

La politica internazionale è un intrico insidioso e le vicende attuali di un mondo in ebollizione rendono le cose ancora più difficili da decriptare. Eppure per essere cittadini del mondo bisogna evitare l'effetto di potersi illudere di chiudersi nel proprio hortus conclusus. Se ho imparato qualcosa nel tempo, è che bisogna per capire bene le cose dedicarsi a letture di specialisti, perché la cronaca quotidiana crea troppo spesso degli effetti distorcenti con vere e proprie mode e mot d'ordre che cambiano troppo in fretta. Mi sento ancora cretino adesso a pensare a certi abbagli. Ne cito uno per tutti agli esordi del mio interesse per la politica: da ragazzino una battaglia libertaria riguardò l'Iran in favore di quella rivoluzione che poi si trasformò nei misfatti di una repubblica islamica, la cui costituzione si ispira alla legge coranica ("sharia") con tutte le conseguenze ben note.

Ma anche negli anni successivi, quando ero più attrezzato culturalmente, certe convinte battaglie di libertà hanno fatto poi i conti con conseguenze mica da ridere. Penso, declinate nel tempo, a certi trasporti emotivi e politici verso popoli gravemente colpiti nei propri diritti, come bosniaci e kossovari nel corso delle feroci guerre balcaniche o alle terribili vicende della Cecenia. Il rispetto dei principi di autodeterminazione dei popoli si sommava alla battaglia in favore della libertà religiosa per le comunità musulmane in ossequio a principi costituzionali in cui ho sempre creduto e che si basano su quei principi di laicità dello Stato, disattesi anche da una parte di Islam moderato che mischiano il sacro e il profano in una logica teocratica. Oggi non mi pento di certe prese di posizione, ma certo qualche interrogativo me lo pongo, pensando che da quei Paesi oggi partono per arruolarsi fra gli estremisti islamici persone per uccidere senza pietà e con barbari metodi terroristici gli occidentali infedeli, me compreso. Comunque sia i problemi più grandi oggi si hanno nella polveriera del Medio Oriente, talvolta proprio ai confini con l'Europa (pensiamo al nodo Turchia), come dimostrano vecchie vicende come quella fra israeliani e palestinesi, ferite aperte e dolenti come la Siria e l'Iraq. Svetta la questione dello Stato Islamico o come lo si vuole chiamare, che è una minaccia per il mondo con i suoi terroristi sanguinari, molti dei quali allevati come serpi in seno nelle nostre società occidentali. Se poi usiamo la nozione più vasto di Medio Oriente, allora i guai sembrano ancora più evidenti. Ci ricorda Marcella Emiliani sulla "Treccani": «Nell'accezione geografica più ampia, la locuzione "Medio Oriente" indica quell'arco di Stati che - da ovest a est - va dal Marocco al Pakistan incluso, arrivando a comprendere a sud il Sudan. Coniata dagli americani all'inizio del ventesimo secolo, entrò nell'uso corrente dopo la Seconda guerra mondiale, finendo per soppiantare la vecchia locuzione "Vicino Oriente", che peraltro non comprendeva il Maghreb, ossia gli Stati dell'Africa settentrionale dal Marocco all'Egitto escluso. Da quanto brevemente accennato, risulta evidente che l'espressione "Medio Oriente" è niente più di una convenzione geografico-politica che riflette la storia e le tradizioni storiografiche delle ex potenze coloniali europee - Gran Bretagna e Francia in testa - o della superpotenza occidentale, gli Stati Uniti». Insomma, è evidente quanto, nel gioco delle responsabilità, la caotica situazione attuale sia frutto non solo degli avvenimenti contingenti, ma abbia radici antiche e certe brutture attuali abbiano molti padri, Occidente compreso. Ma questo non toglie che non ci si possa impantanare troppo in questi reciproci scaricabarile e si devono scegliere delle priorità. Io per l'Europa ne vedo tre. Cercare di avere un minimo di politica comune sulle ferite più scoperte in Medio Oriente, altrimenti il "fai da te" indebolirà tutti ed è il segno tra l'altro del grave errore di Matteo Renzi di imporre l'inerme Federica Mogherini al ruolo di Alto rappresentante dell'Unione europea per gli Affari esteri. Vi è poi il tema, sempre da affrontare assieme, del proselitismo islamista presso i giovani nati e vissuti qui. E' una situazione inaccettabile che crea paure e rischi reali. Si deve riflettere su cause e ragioni, ma anche affrontare con vigore e senza sconti la necessità di colpire con durezza chi fa della propria vita una scelta di odio e di morte. Lo stesso vale - ultimo punto - sul dimostrato rischio di arrivi di terroristi con il flusso dolente dei migranti, che obbliga a meccanismi efficaci di identificazione e, se il caso, di respingimento per evitare di fare la figura dei fessi.