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20 nov 2015

Riflessioni pensando a Parigi

di Luciano Caveri

Inchiodato sul divano per motivi di salute, ho seguito in televisione e con meticolosa lettura dei giornali la terribile situazione in Francia, che è stata ben rappresentata dal volto terreo del presidente François Hollande, emozionato e commosso, nel suo primo intervento dall'Eliseo a pochi minuti dopo la raffica di attentati. Un uomo, già molto criticato, che cercava parole di rassicurazione, ma era ben percepibile il suo personale stato di prostrazione. L'indomani il tono era più marziale. Le #portesouvertes a Parigi con cittadini spaventati ospitati in appartamenti da sconosciuti solidali mobilitati grazie ai Social. Taxisti che portavano a casa le persone, spegnendo il tassametro per non farsi pagare la corsa. Politici francesi che, tranne rare eccezioni, pensano a cosa unisce prima di pensare a come profittare delle circostanze. La Televisione pubblica che propone reportages competenti e efficaci, cercando con grande equilibrio di informare senza usare toni che potrebbero solo accentuare timori e angosce.

Per questo sono stato commosso e partecipe delle stragi in Francia, che sembrano purtroppo annunciare una marea montante di odio e di violenza, cui ci dobbiamo ribellare. L'immagine della pazzia resta quella degli assassini che si credono martiri e si uccidono per compiere dei massacri. Nessuna religione mai potrebbe pensare che chi muore per odio possa finire in chissà quale Paradiso. Se esiste davvero un Inferno quello è il luogo a loro destinato. Certo oggi, dopo la carneficina di Parigi, ci si trova di fronte ad un grumo di sentimenti, alcuni fra loro assonanti, altri dissonanti. Per quel che mi riguarda devo, nel ragionare, tenere a bada la rabbia e l'incazzatura, che rischiano di farmi reagire più di pancia che di testa. Per altro inutile essere ipocriti: certi orrori suonano davvero come una Guerra e sappiamo come la Storia ci insegni di come le guerre siano cambiate nel tempo ed oggi il terrorismo islamico ha portato a nuove frontiere terribili e drammatiche. A Parigi si sono scelti posti della "joie de vivre", come i concerti musicali, i caffè, i ristoranti, lo stadio di calcio. Pensiamo alla coppia Paura e Coraggio. Come si può non aver paura? Io ce l'ho: ricordo il più recente viaggio a Parigi nel mese di maggio, quattro mesi dopo l'attentato a "Charlie Hebdo". Ci sono andato perché ritenevo che la mia libertà di movimento non dovesse essere paralizzata da chi vuole anzitutto spaventarmi. Poi, potendo, vorrebbe uccidermi e cambiare il mio mondo con il suo mondo, imbevuto di un radicalismo religioso che è follia. Ecco dunque l'altra contraddizione: per contrastare gli islamisti bisogna riaffermare il cuore dei nostri valori condivisi, fra i quali le libertà e i diritti. Ma, ad esempio, come sopportare che la nostra libertà per qualunque religione possa essere pretesto per svolgere in certe moschee un proselitismo assassino? Come conciliare meccanismi garantisti anche per imputati di reati gravissimi con inefficienze e cavilli della Giustizia che possono diventare un vantaggio per gli islamisti? Si potrebbero moltiplicare questi interrogativi, che poi riguardano tutti e dovunque, come dimostrato dalla recente cellula terrorista rinvenuta in un luogo impensabile come Merano nel Tirolo del Sud. Il problema delle infiltrazioni e della rete con cui trovare nuovi adepti fra i giovani musulmani nati e vissuti in Europa diventa ormai centrale per evitare che i fatti terroristici diventino la quotidianità, come battaglie sanguinose di una guerra di cui non si vede la fine. E per evitare che, in un gioco pericoloso per tutti, islamisti e islamici vengano sovrapposti come se fossero la stessa cosa, perché questo aiuterebbe chi lavora per la radicalizzazione. Anche se è bene e fondamentale evitare che ci siano zone d'ombra e cioè che in fondo - come si diceva ai tempi del terrorismo di sinistra con la scemenza dei "compagni che sbagliano" - ci siano anche nell'islamismo moderato segni di comprensione o persino di complicità per certi mostri. Un pericoloso terreno di coltura, che va stroncato senza tentennamenti. Così come, infine, bisogna sapere che un giro di vite per evitare attentati può significare una qualche riduzione di certe nostre libertà individuali, come prezzo da pagare per avere maggior sicurezza.