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20 ott 2015

Soldi scippati e illusioni europee

di Luciano Caveri

La finanza pubblica in Valle d'Aosta, che lega Regione ed Enti locali in una sorta di "trenino", ormai avversato dai tagli romani a quelli che si ritenevano diritti acquisiti nella solidità dei trasferimenti finanziari, viene vissuta in troppi ambienti come una sorta di nemesi, cioè una specie di compensazione dopo anni troppo dorati. Della serie: «vi sta bene così, dopo l'opulenza meritate la povertà». Attenzione che sono discorsi non solo esterni, ma pure interni, visto che è sempre esistita una congrega autoctona di autoflagellatori. Non vorrei che, come pecore in fila indiana, ci fossero troppi valdostani ad accodarsi in una visione così felicemente pauperistica di tagli che dovrebbero portare ad una sorta di purificazione, come avviene con le lumache prima di mangiarsele. Qui in gioco c'è la solidità dell'ordinamento valdostano che si basa, come nel normale tran tran di una famiglia, su quanto c'è nel portafoglio.

Ma esiste - emergente nella sua ingenuità - un secondo filone, alimentato dall'interno, ma anche da brasseurs d'affaires di provenienza esterna (ma anche interna), che spingono sulle prospettive rosee e risolutrici dei fondi comunitari. Malgrado i molti anni in cui questi fondi sono a disposizione, ci sono ancora alcuni che pensano che si tratti di una cornucopia cui è facile accedere e buona per tutti gli usi. Una specie di "sportello bancario" cui ci si potrebbe rivolgere in ogni istante, senza pensare invece che la logica programmatoria dei fondi rende sempre più rigide le scelte che vengono fissate con tempistiche chiare ed in Valle d'Aosta la discussione non è stata molto approfondita, perché le linee di fondo le ha decise la Presidenza della Regione in barba a tutte le regole di concertazione e di partenariato. In passato non fu così, ma questo poco conta, perché come sempre quel che importa è la sostanza, saltata pure la forma. Sarebbe bene, dunque, che chi oggi vagheggia di sostituire finanziamenti ordinari con soldoni europei, prima studiasse i dossier per evitare delusioni proprie ed altrui, e si rendesse conto che in molti casi la torta è già stata tagliata a fette e persino pre-digerita. Idem per gli europrogettisti della domenica, che si lanciano su proposte le più varie con il rischio alla fine di fare le nozze con i fichi secchi. La cultura del diritto comunitario prevede, infatti, esperienza e competenza e non ha bisogno di entusiasmi fatui e di apprendisti stregoni. Anzi, va pure aggiunto che, malgrado molte promesse per la semplificazione, Bruxelles - diffidando per altro di Paesi come l'Italia, dove molti scandali ci sono stati con soldi comunitari - ha reso il sistema dei plurimi controlli assai occhiuti. Lo sa bene chi, in un imbarazzante silenzio che sa di copertura di responsabilità, anche in Valle d'Aosta ha cavalcato l'onda dell’Unione europea per poi trovarsi con rendicontazioni contestate e finanziamenti ridimensionati, cui ha dovuto far fronte "Pantalone" con denaro pubblico di provenienza diversa. Insomma, non sempre è oro tutto quello che luccica, specie chi - con astuzia - intasa le poste elettroniche di mirabolanti comunicati stampa e poi, gratta gratta, si scopre che c'è tanta fuffa.