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05 ott 2015

Nessun oblio per il federalismo

di Luciano Caveri

Per più di due secoli, seguendo prima il percorso che portò all'Unità d'Italia, attraverso in seguito all'Italia liberale, alle riflessioni fra le due Guerre mondiali, al dibattito durante la Resistenza, alle discussioni alla Costituente e alla stagione federalista abortita come risposta al "leghismo" di una quindicina di anni fa, questo benedetto federalismo è salito e sceso dalla giostra della politica e alla fine i federalisti sono sempre stati sconfitti. E non è consolante pensare che, per un certo periodo in parallelo, questo ha riguardato anche l'Europa e l’integrazione europea, che ha nel federalismo una sorta di prezzemolo buono come condimento, ma nella sostanza l'Unione europea di oggi ha nel centralismo di Bruxelles e nell'invadenza degli Stati la caratteristica saliente, neppure lontana parente del federalismo. Personalmente ho fatto quel che potevo fare: chissà che un giorno non ci sarà una raccolta organica dei miei interventi parlamentari, anche su discussioni in tema istituzionale, che credo dimostreranno un impegno per lasciare almeno una testimonianza attorno al federalismo, come lo fu - all'inizio degli anni Novanta - la prima proposta di riscrittura della Costituzione italiana di stampo federalista. Malgrado il clima generalmente ostile verso la nostra Autonomia speciale, più sopportata che compresa, penso che in Valle d'Aosta sarebbe bene ripartire con una discussione sul federalismo e la sua applicazione e non solo come formula assicurativa in questi tempi grami in cui cresce una voglia di farci retrocedere a territorio piemontese o addiritturaa minuscola entità senza peso di una gigantesca macroregione. In questo senso, forse, sarebbe opportuno partire dai fondamentali. Leggo, ad esempio, a commento della vicenda catalana, delle evocazioni del federalismo di