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14 set 2015

Se una data passa inosservata

di Luciano Caveri

La Storia va evocata, celebrata e anche conosciuta. Essa passa attraverso documenti giuridici che si dimostrano fondamentali e di cui vanno comprese le ragioni e le conseguenze. Così il 7 settembre 1945, Umberto di Savoia, luogotenente generale del Regno, allora quarantenne, a conclusione del lungo sodalizio fra Valle d'Aosta e Casa Savoia (la Valle un anno dopo votò per la Repubblica), firmò - segno di come le cose vanno e vengono - i due decreti, il numero 545 "Ordinamento amministrativo della Valle d'Aosta" ed il numero 546 "Agevolazioni di ordine economico e tributario a favore della Valle d'Aosta". In sintesi: il primo sopprimeva la famigerata "Provincia di Aosta" allargata artificialmente dal fascismo al Canavese, costituendo - come discontinuità - una "circoscrizione autonoma" e prevedendo la ricostituzione dei Comuni, cancellando l'onta delle fusioni forzate e dei toponimi tradotti in italiano in modo grottesco.

Nasce - base di una democrazia parlamentare - quel Consiglio Valle composto da venticinque membri, un presidente che lo presiedeva e che guidava una Giunta di cinque persone, oltre ad assumere - un unicum rimasto tale in Italia - le funzioni prefettizie. L'articolo 13 rinviava ad un successivo provvedimento il compito di indicare "le materie che potranno essere disciplinate dal Consiglio della Valle con norme giuridiche proprie, anche in deroga alle leggi vigenti". Il secondo decreto prevedeva la concessione alla Valle d'Aosta per novantanove anni delle acque pubbliche e analogo provvedimento riguardava le miniere. Venne anche statuita la "zona franca", da attuarsi in realtà con modalità da stabilire con successivo provvedimento, e che ritroveremo - altrettanto inespressa - nell'articolo 14 dello Statuto speciale. Vi era poi la prima norma sull'ordinamento finanziario, caposaldo dell'autonomia e anche oggi, come spesso nel corso del settantennio, preda della capricciosità dello Stato. Successivamente, fra il novembre e il dicembre del 1945, altri decreti integrarono e specificarono i precedenti in diverse ed importanti materie. Seguirà tre anni dopo lo Statuto d'autonomia, che darà ulteriore corpo - con rango costituzionale, ma senza il principio dell'intesa per la sua modifica, basata ancor oggi su una fragile logica di patto politico che non può escludere blitz parlamentari (oggi governativi, visto che si fanno riforme costituzionali con voto di fiducia!) - ad un assetto più solido al nostro ordinamento, anche se per molte parti l'applicazione è stata una via crucis. Ricordo che sia i decreti luogotenziali che lo Statuto furono criticati da padri autorevoli dell'Autonomia, come mio zio Séverin Caveri, che scelsero però con buonsenso di lavorare nelle Istituzioni appena nate, pur distanti da quanto sperato. Fu una scelta di pacificazione in un periodo in cui si sarebbe potuto gettare facilmente un cerino nella polveriera. Il decreto luogotenenziale vive ancora, come ha ben detto in certe occasioni la Corte Costituzionale e non a caso, in una riforma dello Statuto del 1993, inserii scientemente all'articolo 48 bis, dove finalmente arrivò lo strumento mobile delle norme d'attuazione, la nozione fondamentale di "ordinamento valdostano", che lo comprende a pieno. Perché, al di là dei contenuti puntuali, conta quanto si legge proprio nell'articolo 1 del decreto luogotenenziale del 1945, che è stato alla base della prima autonomia del dopoguerra: "La Valle d'Aosta, in considerazione delle sue condizioni geografiche, economiche e linguistiche del tutto particolari, è costituita in circoscrizione autonoma con capoluogo in Aosta". Si ritrovano qui gli elementi fondativi, in quel "del tutto particolari", per cui parlare di "particolarismo" in senso positivo non è un'eresia. Ma va fatto, essendo su questo la lingua italiana ambigua, evocando la parola "particularisme" in francese, che vuole dire: "Fait pour un groupe social, pour une ethnie de vouloir préserver, à l'intérieur d'un État ou d’une fédération, ses libertés régionales, son autonomie, ses particularités linguistiques, culturelles". Ma torniamo all'esame di questo articolo 1. La geografia è fatto comprensibile, che significa "descrizione della terra", in questo caso della nostra terra. Il dato è noto: l'altimetria media della Valle d'Aosta oltrepassa i duemila metri ed è un dato significativo. Montagna che ha forgiato l'identità valdostana e influenza in profondità la seconda motivazione autonomistica del decreto luogotenenziale "condizioni economiche". Pensiamo a come una personalità come Luigi Einaudi, amico della Valle e di origine montanara lui stesso, segnalò come l'autonomia dovesse essere strumento per uscirne da una condizione di povertà. Oggi, meglio che in passato, abbiamo studiato e valutato in profondità i sovraccosti della montagna che erano alla base dei "privilèges" dell'antica autonomia nel millennio di storia comune con Casa Savoia. Ci sono poi le "condizioni linguistiche". La mia posizione è conosciuta: dopo l'uso del latino, le lingue valdostane hanno ruotato per secoli attorno al bilinguismo francese-patois. Più di 150 anni fa, ceduta la Savoia alla Francia e con l'avvento poi del Regno d'Italia, appare sulla scena un problema nuovo, quello dei valdostani come minoranza linguistica. Nel costituzionalismo attuale e nell'insieme del diritto internazionale questo è un problema capitale: essere minoranza linguistica. Parliamo di uno dei fondamenti giuridici del nostro attuale status identitario e ciò va tenuto in assoluta evidenza come comunità, ma si tratta anche una personale assunzione di responsabilità. Nessuno regala niente a nessuno. Per concludere: spiace che, alla fine, per la giornata dei 70 anni dal decreto luogotenenziale ci siano stati solo due comunicati di maniera dei presidenti della Giunta e del Consiglio e null'altro. Poca cosa, venata di oblio, malgrado la legge regionale 18 novembre 2013, numero 16 "Disposizioni per la celebrazione del 70° anniversario della Resistenza, della Liberazione e dell'Autonomia". Legge che fra le sue finalità prevedesse: a) rinnovare, approfondire e tramandare la memoria degli eventi e dei protagonisti della Resistenza e dell'Autonomia valdostana; b) valorizzare il patrimonio storico, politico, sociale e culturale della Resistenza e dell'Antifascismo in Valle d'Aosta; c) approfondire la riflessione sulle origini e sui fondamenti dell'ordinamento valdostano, sullo sviluppo dell'ordinamento autonomistico dal dopoguerra ad oggi, anche nell'ambito delle prospettive attuali del regionalismo e del federalismo in Italia e in Europa. Per ora si è visto poco e il 7 settembre 2015, passato via come se fosse una bolla di sapone, lo conferma. Peccato...