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20 ott 2015

Quella vecchia signora

di Luciano Caveri

E' la quotidianità che spesso ti riempie di pensieri e ti accorgi di come talvolta ti capiti di riflettere su aspetti che non avevi del tutto messo a fuoco e che ti appaiono nella loro ovvietà e ti stupisci di non averci fatto caso. Viene da me, per una storia che seguii da amministratore, una vecchia signora. Ha toni e modi del tempo che fu, spiegando le sue ragioni con acume e precisione: mi guarda sempre dritto negli occhi. Lo fa assieme con grande educazione, ma anche con la sicurezza di chi ne ha viste tante e non si lascia prendere per il naso. Mi accorgo che passa il tempo, ma non interrompo il discorso, come magari avrei fatto in altre circostanze perché pressato da altre cose da fare, perché capisco che questo dialogo per la mia interlocutrice è importante e che il filo dei suoi pensieri - evidentemente preparato prima in modo diligente - sono una sorta di lezione fatta di serietà e buonsenso. Sarà che sto invecchiando pure io e capita di pensare - se ci arriverò - al tempo che verrà, ma certi grandi vecchi li trovo straordinari e bisognerebbe avere più tempo per ascoltarli. D'altra parte che la vita sia un paradosso non è una scoperta originale: si passa una esistenza intera per imparare un sacco di cose, accumulandole e acquisendo nozioni e padronanza, e poi - quando sei maturo al punto giusto - il declino fisico e mentale arriva inesorabile.

Così l'allungamento della vita per chi è fortunato, perché non incontra qualche malattia o disgrazia o ha ben investito vivendo da formica e non cicala, offre degli autunni della vita che consentono di distribuire agli altri parte di quella saggezza raggiunta. L'altra faccia della medaglia è, naturalmente, quella di chi negli anni finali della sua esistenza si trova di fronte a quelle malattie degenerative che sono un calvario e dunque non può godere di questa gioia di dare ad altri qualcosa della propria esperienza e dei propri ricordi. Non è sempre facile che questo avvenga da parte dei potenziali interlocutori: spesso i ritmi del lavoro e le incombenze quotidiane non ci consentono di godere dei nostri vecchi e magari non si trova quel tempo per farlo per dei pretesti che noi stessi ci creiamo. Così capita - lo dico con tenerezza - che siano le celebri badanti a essere depositarie di parte di quel patrimonio accumulato da chi ha tanto vissuto e non qualcuno più vicino negli affetti che potrebbe godere di certe piccole enciclopedie viventi. Perché sappiamo che le vite vissute sono miniere d'oro di esperienze grandi e piccole, che prescindono da quale attività si sia svolta quando si era pienamente attivi. Penso che a tutti sia capitata l'esperienza di trovarsi con un anziano e di scoprire come, dietro all'aspetto fragile ed a certe difficoltà per via degli acciacchi dell'età, i loro racconti ti segnino più di cento libri. Così è avvenuto con la signora che mi sono trovato davanti, composta ed elegante, riflessiva e pacata, con il tono di disincanto di chi vive in un mondo che ha contribuito a creare, ma di cui sfuggono certe trasformazioni in corso da cui sembra infastidita perché stenta a comprenderne le ragioni. «Lei che è giornalista - mi dice - deve dirlo alla radio, visto che parla così bene, che le persone devono mantenere il decoro. Ma lei vede come vanno vestite in chiesa la domenica o alle cerimonie? Non si possono vedere e i poveri parroci non possono mica sempre stare all'inseguimento, così come non è che un sindaco possa fare la voce grossa. Tocca alle persone pensare che ci vuole educazione e buongusto». Così si sfoga e mi sento in sintonia, perché questo discorso su certa sciatteria e maleducazione me lo sono ripetuto io stesso in tante circostanze e non sono borbottii o rimpianti di fronte ad un'evoluzione naturale dei costumi. Trovo che ci sia qualcosa di più profondo che riguarda la civile convivenza e pure il senso civico e persino il rispetto reciproco. Perché spesso la forma è sostanza. E la vecchia signora me lo ha detto con soavità.