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27 ago 2015

Renzi già in campagna elettorale?

di Luciano Caveri

Matteo Renzi, sin da questi giorni di mezzo fra fine dell'estate e riavvio vero e proprio della politica italiana, si è messo in sostanza in campagna elettorale o almeno, se questa possibilità non emergesse, si affacenda in un'operazione di recupero dai sondaggi personali in picchiata. Interessante quel che scrive oggi Massimo Franco sul "Corriere della Sera" e segnalo come i giornali della "Fiat", quindi compresa "La Stampa", non siano certo ostili a Renzi, ma non siano neppure teneri: insomma un equilibrismo. Dice Franco, dopo aver ricordato il lancio di Renzi del taglio di "Imu" e "Tasi" nel 2016: «L'impressione è che il presente venga esaltato in modo eccessivo. L'idea di uno spartiacque virtuoso, rivoluzionario, appartiene ad una narrativa magari comprensibile ma controversa. E' vero che per il presidente del Consiglio si trattava di tornare sulla scena dopo settimane difficili; di riaffermare un protagonismo marcato in vista di scadenze istituzionali cruciali come la riforma del Senato, e di una legge di Stabilità insidiata dalla crisi finanziaria cinese».

«Proprio il contorno di incertezza - si legge ancora sul "Corriere" - però, tende a schiacciare l'esecutivo sulle esperienze deprecate dalle quali si vuole distanziare. E' condivisibile l'analisi sull'eccesso di ideologia che tuttora permea il sistema. E l'espressione "provincialismo della paura" rende bene il modo in cui alcune forze politiche fomentano la xenofobia e il timore dei cambiamenti. Rimane però il sospetto che il Governo descriva in maniera efficace i problemi, ma fatichi a risolverli. Per quanto sia difficile contestare la tesi del premier secondo la quale "veti e controveti" hanno bloccato il Paese, c'è da chiedersi se oggi la situazione sia così diversa. Sul Senato è lo stesso Partito Democratico di cui Renzi è segretario a seminare resistenze ed incognite destinate a pesare sul merito della riforma e perfino sulla tenuta della maggioranza. Né convince del tutto la contrapposizione tra i "cattivi" che vogliono ancora l'elezione diretta dei senatori ed i "buoni" che puntano a svuotarlo attraverso la riforma». Parole condivisibili, pensando poi al fatto che la drammatizzazione della riforma del Senato nasconde in verità la reale sostanza della riforma costituzionale, che è l'eccessivo rafforzamento del Presidente del Consiglio ed il centralismo statale che emerge da una mortificazione del regionalismo. Per altro sul Senato Franco osserva: «L'idea di affidare la modernità del Senato a un listino scelto dai Consigli regionali, grumi di una spesa pubblica irresponsabile e spesso di un malgoverno ai limiti dei codici, come ammette la stessa Consulta, è per lo meno opinabile. Quanto all'agenda delle priorità economiche, per il momento non è sempre decifrabile. Non solo. Quando il premier parla di abolizione delle tasse sulla casa e più in generale di abbassamento del carico fiscale, viene subito da pensare come saranno compensati. I margini di manovra che l'Europa dovrebbe concedere all'Italia rimangono aleatori. La tentazione di sfondare il tetto del "Patto di Stabilità" è evidente. Riflette uno scetticismo di fondo sulle politiche rigoriste dell'Unione Europea, che anche ieri Renzi non ha nascosto; e che, va detto, trova più di una giustificazione. La prospettiva di uno strappo appare, tuttavia, altamente rischiosa. Tradisce la preoccupazione di chi si è dato obiettivi molto ambiziosi, e capisce quanto siano sfuggenti». Insomma, c'è poco da stare allegri e questo prescinde da essere o non essere "renziani" (questo il problema…). Difatti conclude Franco: «Il pericolo vero, per Palazzo Chigi e per l'Italia, è un limbo nel quale si sarebbe costretti a galleggiare perché il ritorno indietro comporterebbe solo una regressione; ma il futuro per ora si configura segnato da incertezze assai poco rassicuranti. Nell'abbozzo di una politica post ideologica che Renzi offre, si indovina lo sforzo di superare questo stallo; di individuare il nucleo di un nuovo modello. Riaffiora l'embrione di una formazione che non parli solo alla sinistra, e anzi si guardi da una certa sinistra passatista. Si tratta di una sfida che comporterà rotture e traumi, dei quali già si intravedono i prodromi. Rimane da capire se il Renzi di oggi abbia la stessa forza, la stessa aura di vincente e le stesse alleanze di un anno fa: non solo per sostenerla ma per vincerla». Io penso che la fiducia si sia esaurita, ma in politica non si può mai dire.