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18 ago 2015

Maledetta zanzara!

di Luciano Caveri

Odio le zanzare. Pur amando quasi tutto il mondo animale, direi che faccio una bella eccezione per questi noiosi insetti (peggiorati con l'arrivo di specie, come la "tigre", più insidiose delle autoctone), che quest'estate sono stati particolarmente presenti con il caldo feroce di cui godono amabilmente. La peggior avventura, in realtà, è di moltissimi anni fa. Per la prima volta avevo programmato un Natale con destinazione esotica con previsione di un "tour de force" da subacqueo in fondali cristallini. Pur non portando gli occhiali per una lievissima miopia e un piccolo astigmatismo, mi ero dotato per vedere perfettamente la barriera corallina di una maschera da sub con lenti graduate. Ero carico come una sveglia, quando a poco dalla partenza vengo colpito da quella che pareva essere una innocua congiuntivite. Andai da un amico oculista all'ospedale di Aosta che mi visitò con scrupolo e a un certo punto ruppe il suo aplomb con un urlo: «che bello, porterò il tuo caso ad un congresso medico! Hai una filaria!».

Scoprii così che nel bianco del mio occhio era finito un infinitesimale ma lunghissimo verme, tipo "Alien" come aspetto visto al microscopio, che se ne stava lì appallottolato pasciuto dalla mia sclera. Mi venne spiegato ad Ivrea che questa malattia tropicale me l'ero presa, da quanto avevo ricostruito con il primario, andando a ballare a Viverone, dove viveva una zanzara - da tempo arrivata lì attraverso qualche aereo che era era giunto a "Caselle" da qualche Paese dove c'era il parassita - che portava in giro la filaria, inoculata durante la morsicatura. Venni operato con anestesia locale, godendo della musica e del chiacchiericcio da sala operatoria. D'improvviso si accesero le luci, come una sorta di agguato proprio per evitare che la creatura si nascondesse in fondo all'occhio, e si cominciò ad estrarre la bestiolina, che si spezzò durante l'intervento. Venni rassicurato: la testa era via e dunque il cadaverino sarebbe stato riassorbito con il tempo e così fu. Inutile dire che questo fatto accentuò il mio già presente odio per le zanzare, di cui sono da sempre vittima, pare perché il mio gruppo sanguigno - "zero negativo" - sia particolarmente attrattivo e succulento. Così mi sono attrezzato nella lotta personale, scoprendo anche il gusto della vendetta, visto che in genere dopo il prelievo forzoso del mio sangue la zanzara rinciccionita giace su di un muro nei paraggi, pronta ad essere schiacciata. Ha scritto Ugo Ojetti: «Una puntura di zanzara, prude meno, quando sei riuscito a schiacciare la zanzara». Tutto diverso quando sono stato in Africa, nei Paesi dove era obbligatorio il trattamento antimalarico, perché lì era tutta un'azione preventiva tipo "tartaruga ninja" per i danni evidenti in caso ti trasmettano con la loro puntura qualche schifezza. Per altro che la zanzara sia antipatica è evidente dall'etimologia: zanzara in italiano fa il verso allo "zzzz" ascoltabile quando vola infastidendo nei paraggi e "mosquito" (spagnolo e inglese), come il "moustique" in francese, che mette assieme la mosca con la zecca, dando il senso dell'orrore di questo insetto che sembra una brutta ciabatta. Sottoscrivo, pur notando l'iperbole, Gustave Flaubert: «Moustique : plus dangereux que n'importe quelle bête féroce». Segnalo infine, con grande godimento, un impianto anti-zanzare, senza uso di insetticidi (e neppure dell'"Autan", di cui le zanzare devono aver scoperto l'antidoto), che ho visto in azione ai "Panigacci", ristorante in quel di Chiaverano a due passi dal lago Sirio. Un sistema dì nebulizzazione a spruzzo allontana il perfido dittero, appesantendo le sue ali con le gocce d'acqua e impedendone il volo. Un punto a favore di noi esseri umani che sappiamo essere talvolta ingegnosi, non solo con le armi inventate ed usate per farci fuori reciprocamente. Alé!