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03 ago 2015

Governare la tecnologia

di Luciano Caveri

Le tecnologie più moderne ci fanno sentire tutti come dei funamboli su di un filo, a cavallo fra il vecchio e il nuovo. Sottoscrivo le parole di Piero Angela, che è per la sua veneranda età esempio di un'insolita freschezza di pensiero, testimonial del fatto che mai ci si deve fermare nell'apprendimento, quando dice: «Nessuno di noi è in grado di fermare lo sviluppo tecnologico: perché è qualcosa che cammina per conto suo, attraverso sterminate ramificazioni che si estendono ormai in tutto il mondo. [...]. Limitarsi a denunciare i rischi dello sviluppo tecnologico non è quindi sufficiente, perché, comunque, la tecnologia continuerà ad avanzare (e la gente a usarla). [...]. Quello che si può fare è prender atto di questa situazione e, per quanto possibile, governarla».

Un piccolo esempio personale: per avere una formula di collegamento via Internet più economica di quella via ponte radio che avevo prima e che era efficace ma cara, a casa mia è tornato, dopo tanto tempo di assenza, il telefono fisso, che ormai - abituati a telefoni palmari - sembra un ferrovecchio del tempo che fu. Ma fa parte del "pacchetto", che comprende anche i telefonini. Aspetto a piè fermo qualcuno che mi spieghi come connettersi e con chi con le fibre ottiche che penso siano state stese lungo la strada statale 26, visto che ci abito davanti. Sarebbe una fantastica occasione per avere gran velocità e tanta connessione, che potrebbe riguardare molteplici servizi. Ma per ora non ne so nulla. Sono dunque di nuovo connesso al sistema telefonico più tradizionale, che mi per di capire che anche qui in Valle d'Aosta soffra di gravi problemi di modernizzazione e di manutenzione. Non tanti anni fa, quando abitavo altrove e avevo il telefono fisso, per venire a capo ad un guasto, il tecnico arrivato da Ivrea (la "Telecom" privatizzata ha disertato di fatto il territorio valdostano e le vecchie sedi sono in buona parte un monumento al nulla) stentava a trovare il quadro telefonico dove era situata la mia utenza. Dovette telefonare ad un collega "Telecom", anzi "Sip", ormai in pensione per capire dove fosse, perché lui non era riuscito a scovarlo. L'armadio che ospitava le linee era, allegramente aperto, a due passi da un bar del centro di Saint-Vincent: un inno alla privacy. A quel tempo coltivavo, come deputato, la speranza che si potesse prima o poi mettere ordine nel dedalo di palificazioni e di collegamenti che ammorbano molti centri abitati nella nostra montagna, spesso con fili volanti che passano da una casa all'altra con logiche posticce che pretenderebbero di essere smantellati per rimettere ordine e pulizia. Avevo visto, anche in Valle, delle interessanti formule di interramento in cunicoli tecnologici dei diversi cavi con una conseguente efficienza e un rispetto del paesaggio. Il telefono nuovo, con il suo design moderno, giace inanimato su di un mobile. Almeno per ora i rapaci venditori di qualunque diavoleria, che so ammorbare molti miei amici titolari di una linea telefonica tradizionale, non hanno il numero e non mi rompono le scatole. Trovo, però, che anche nella sua presenza silenziosa ci sia qualcosa di rassicurante e di antico. Ciò vale naturalmente per chi, come me, ha visto lo sviluppo pazzesco della telefonia: dal grosso telefono in bachelite nera della mia infanzia, che metteva persino soggezione quando si era bambini e si veniva invitati ad un uso rispettoso, sino a tutte le diavolerie del mio piccolo e manovrabile "iPhone", cui non manca neppure la parola, anche se devo dire che per ora a parlare con una macchina un po' ottusa non sono a mio agio. Immagino che il futuro ci riserverà ulteriori passi da gigante, che ci costringeranno ad un continuo aggiornamento e ad una capacità plastica di adeguarci alle novità.