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29 giu 2015

La nuova funivia del Monte Bianco

di Luciano Caveri

Sono contento, come cittadino valdostano, che sia stata inaugurata la nuova funivia in più tronconi del Monte Bianco, di cui in queste ore abbiamo sentito tutto sulla modernità ed arditezza tecnologica, che ne fanno, come da slogan piuttosto abusato, l'"Ottava meraviglia del mondo". Una vasta eco è venuta anche dalla presenza del presidente del Consiglio dei Ministri Matteo Renzi, sebbene lo Stato non c'entri nulla, a meno che non siano stati sbloccati i finanziamenti promessi già all'epoca di Silvio Berlusconi e sinora mai giunti. Ho seguito i primi passi dell'opera, ma - come è giusto che sia, nella logica della continuità amministrativa - i meriti alla fine, in fase di inaugurazione ufficiale, se li piglia tutti solo chi in quel momento incarna la Regione. Per altro mi pare di aver capito che, rispetto alle valutazioni dei miei tempi, i costi siano notevolmente lievitati.

Si è trattato, comunque sia, di un'opera complessa, su di un nuovo tracciato, perché la zona da dove partiva la vecchia funivia è purtroppo sotto la minaccia, benché oggi resa più sicura da un vallo, dell'enorme smottamento della montagna di La Saxe. Va aggiunto come la nuova posizione, intersecata nella viabilità che si trova fra la fine dell'autostrada del Monte Bianco ed il tratto stradale che porta al Traforo, abbia una grande visibilità per i milioni di persone che ogni anno transitano in quella zona e dunque l'impianto fa già da vetrina di sé stesso. Quella della "vendita" di questo prodotto turistico sarà la chiave di volta sin dai prossimi mesi. L'investimento imponente, che diventa ancora più significativo perché completato in epoca di "vacche magrissime", dovrà essere accompagnato, per evitare un flop, da campagne di comunicazione importanti e da una capacità di marketing significativa. Per evitare che la nuova funivia - ma questo era ben chiaro sin dagli esordi - rischi di diventare una "cattedrale nel deserto" e diventi invece una calamita, a vantaggio della Valle d'Aosta intera, di significativi flussi turistici. I panorami mozzafiato del Monte Bianco sono una garanzia di successo e di fruizione della montagna per tutti, senza quegli afflati ambientalisti che portarono pure un ancor giovane Reinhold Messner a protestare contro le funivie sul "tetto d'Europa", che per fortuna resta largamente intatto nella vastità del Massiccio. Volenti o nolenti - e questo per Courmayeur è un come un destino, anche se la comparazione non è sempre facile da fare - ci si rifarà al successo costante, con numeri mai raggiunti lato italiano dalla funivia consorella dell'Aiguille du Midi a Chamonix, nota in tutto il mondo. Si tratta oggi, più che di fare la concorrenza, di trovare il modo per collaborare sempre di più fra i due versanti, che ovviamente si battono sugli stessi mercati, ma possono trovare ampi spazi di collaborazione. E quello delle funivie attorno al Monte Bianco è un punto nodale, perché ricordo come quel visionario del Conte Dino Lora Totino capì già nel dopoguerra come la funivia dei ghiacciai, che assicura la liaison fra le due località, sia un'attrazione senza eguali (credo che al momento ci siano ancora dei problemi di tariffazione congiunta da e verso verso Chamonix). Questo impianto è a cavallo tra un periodo di grandi disponibilità finanziarie ed uno, quello attuale, di calo del bilancio regionale, dovuto ai molti problemi del nostro riparto fiscale, "asciugato" da manovre dello Stato, compreso il Governo Renzi. Penso che, riferendomi a progetti funiviari altrettanto ambiziosi in altre zone (penso al collegamento "Cervinia - Ayas" o alla funivia "Cogne - Pila"), ci debba essere la consapevolezza di come la torta si sia fatta più piccola e già il rinnovamento del patrimonio funiviario esistente avrà costi da capogiro. Quindi, senza chiudere la porta a nessuno, bisogna avere ragionevolezza nelle scelte di che cosa si vuole o non si vuole, anche per mantenere la qualità del welfare valdostano, che non può essere ulteriormente rosicchiato per non scendere sotto il livello di guardia, privando la popolazione di servizi indispensabili.