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27 mag 2015

Quando una morte colpisce una comunità

di Luciano Caveri

Ci sono argomenti al limite del tabù, di cui non è mai facile parlare, perché si oscilla fra il rischio della retorica melensa e quello di una vacuità dei commenti. Va detto con onestà che trovare le parole giuste non è mai facile e bisogna muoversi con circospezione lungo la linea del buonsenso. Esiste una soglia verso l'ignoto che ha la profondità e il mistero di uno di quei panorami che si vedono dall'alta montagna e sembrano spaziare all'infinito verso l'orizzonte. Questo vale soprattutto quando ci si trova di fronte a certi fatti luttuosi, che non sono ricostruibili nelle loro esatte dinamiche e dunque vale la frase ultima di Cesare Pavese: «Non fate troppi pettegolezzi». La cronaca nera, i cui orrori appaiono troppo spesso come spettri molesti, ci offre storie che sembrano maledizioni e di cui si dovrebbe poter fare a meno, perché colpiscono duro affetti e certezze.

Vengo da un paese valdostano, Verrès, simile a molti altri nella piccolezza di un mondo fatto di abitudini e ritmi conosciuti in una dinamica di vita tranquilla. Le recenti elezioni comunali hanno mostrato - come altrove - scontri assai vivaci, ma poi il senso della comunità torna intatto quando una vicenda tragica tocca tutti. E' come se esistesse una reazione naturale di autodifesa e di solidarietà, che spazza via incomprensioni e antipatie. E' il bello della dimensione contenuta e a dimensione umana. In questo caso, è la vicenda drammatica di un giovane del paese, Silvio Prola, morto a soli venticinque anni, investito dal primo treno del mattino, dopo una serata di festa a chiusura della rassegna regionale dei cori. E' ovvio che cosa questo evento traumatico significhi per familiari, amici e coloro che - me compreso - lo hanno conosciuto. Certo è che il funerale ha dato il senso di una partecipazione popolare, con la musica della banda del paese e con i canti della Corale cui il giovane apparteneva, che ricordavano tutta la nostalgia di certe arie di montagna. Comunque sia andata quell'alba tragica, resta in pieno la tragedia della morte di un giovane pieno di vita e con tutta l'esistenza davanti, in una Valle dove la qualità della vita è buona e il benessere diffuso. Resta, comunque sia, lo sgomento - tornando alla morte prematura in circostanze che assai probabilmente resteranno misteriose - per una giovane vita spezzata. Ma bisogna farsene una ragione e pensare che forse, come ha scritto Ferdinando Pessoa «La morte è la curva della strada, morire è solo non essere visto».