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13 apr 2015

L'"alpinizzazione" della bicicletta

di Luciano Caveri

La mobilità, sin da bambini, passa attraverso la bicicletta e affini. Il mio triciclo rosso è qualcosa che mi appare dalla nebbia della prima infanzia, così come da bambino lo è stata la bicicross a tre marce, poi ho avuto una bici da corsa e, infine, l'attuale "mountain bike". Andare su due ruote è un exploit ottocentesco (anche se Leonardo da Vinci ci aveva pensato nel XV secolo), ma l'antenata della bicicletta vera e propria la si deve al barone Von Drais di Sauerbrun, che la presentò a Parigi nella primavera del 1818. Ma delle specie di pedali arrivarono con un'invenzione del 1839, dovuta a un maniscalco scozzese, Kirkpatrick MacMillan.

Immagino che ci sia voluto qualche anno perché la bici arrivasse in Valle d'Aosta, ma è certo che tutto si potesse dire ma non che avesse caratteristiche alpine, anche se - per i casi della vita - fu Maurice Garin (Arvier, 3 marzo 1871 – Lens, 19 febbraio 1957), émigré in Francia e professionista dal 1893 al 1911, a vincere la prima edizione del "Tour de France" nel 1903 e due "Parigi - Roubaix". Qualche stilla di maggior vicinanza alle Alpi mi pareva da bambino che venisse dal ciclocross, con le bici nel fango e sulle salite ed ero un ammiratore del grande specialista valdostano Franco Vagneur. Ma l'asse fra bicicletta e Alpi, a parte le grandi scalate classiche del "Tour" e del "Giro d'Italia", amate e ripetute da tutti i ciclisti, cambia pelle grazie alla storia, ancora in atto con specialità sempre nuove, dell'avvento della mountain bike. Traggo dal sito arestis.com: "La bicicletta da montagna nasce in California negli Stati Uniti verso la fine degli anni sessanta. All'inizio le mountain bike non erano altro che robuste biciclette modificate in modo da poter sopportare le sollecitazioni di escursioni fuori strada. Il primo serio sviluppo alle "mountain bike" fu dato da Gary Fisher, Tom Ritchey e Joe Breeze che modificarono la geometria del telaio, lo resero più leggero ed introdussero un cambio di velocità specifico. Il fenomeno "mountain bike" dilagò in tutti gli Stati Uniti e più tardi, negli anni ottanta in Europa. In Italia, quando molti snobbavano le "moutain bike", la ditta "Cinelli", con buona intuizione, lanciò sul mercato il modello "Rampichino". Da allora (1985) fino alla fine del secolo, le vendite di "mountain bike" si incrementarono al punto da superare la quota di due terzi del mercato. (...) Oggi le "mountain bike" vengono costruite in numerosissime versioni e sono diffusissime anche in città. Sono assai diverse dai primi modelli e hanno ora anche forcelle (o l'intera struttura) ammortizzate e freni a disco". L'altro giorno ho visto una mostruosa bici a neve, che mi pare la punta dell'iceberg rispetto ad un fenomeno che ha cambiato lo sport del ciclismo e l'impatto cultuale di questo sport in zona alpina. Si tratta di un fatto non trascurabile, che impatta sullo sport e anche naturalmente sul turismo. E un modo diverso di affrontare la montagna in salita e in discesa, segno dei tempi e da rendere compatibile con chi percorre a piedi le nostre Alpi. Ma il mondo non si ferma e la bicicletta, un tempo appannaggio della pianura, ora è più che mai è diventata... "mountain".