Utilizziamo i cookie per personalizzare i contenuti e analizzare il nostro traffico. Si prega di decidere se si è disposti ad accettare i cookie dal nostro sito Web.
30 dic 2014

Piccola riflessione natalizia

di Luciano Caveri

Il "Canto di Natale" del romanziere inglese Charles Dickens, stampato nel 1843, è uno dei racconti più noti sulla vigilia del Natale e sul significato di questa festività. E' diventato noto per la semplicità e la suggestione delle vicende narrate in un'Inghilterra a cavallo tra il passato e l'affermarsi della rivoluzione industriale, ma con personaggi che restano validi in tutte le epoche. Dalla storia sono stati tratti cartoni animati, film, letture radiofoniche e pure il disneyano Paperon de' Paperoni ne è esplicitamente ispirato come immagine di una persona, che pure fa ridere, attaccata ai soldi e terribile nei rapporti con il mondo e i propri cari. Quella raccontata da Dickens è la storia di un uomo d'affari, Ebezener Scrooge, avaro ed egoista, che trascura la famiglia e ed è incapace di apprezzare - per la sua evidente aridità - le piccole cose come il calore del Natale. Quel calore che proprio nelle ore topiche dei festeggiamenti o c'è o non c'è. Il momento più importante è quando Scrooge, tornando a casa più arrabbiato e tetro del solito, incontra i tre fantasmi del Natale: passato, presente e futuro. Queste immagini fra lo spaventoso e l'istruttivo porteranno il vecchio taccagno a pentirsi dei propri atti egoistici e indifferenti al resto dell'umanità. Così, alla fine, Scrooge - in un lieto fine che sdrammatizza la drammaticità - diventerà un’altra persona e tutti stenteranno a credere nella sua trasformazione, invece veritiera. Confesso che mi piacerebbe scatenare certi fantasmi contro persone di questo genere che, al di là degli aspetti caricaturali e persino grotteschi, esistono davvero. La grettezza e l'egoismo sono dei mali che ci sono purtroppo fra di noi e la Crisi (dal latino "crĭsis -is", dal greco "krísis - scelta, giudizio" ed in medicina "fase critica di una malattia", da cui il significato attuale di "fase difficile") è una bestiaccia che peggiora le persone e dà spazio ai "cattivi" (il Male purtroppo c'è!). Oggi, nella zona neutra del Natale, dobbiamo essere buoni, ma questo non vuol dire affatto pensare che il "buonismo" cancelli le responsabilità di chi certi valori da "spirito del Natale" li calpesta con i propri comportamenti. Un "libro nero" va sempre tenuto, specie per chi agisce nello spazio pubblico e lo ricordo in un'epoca in cui si dimostra che corruzione e malaffare sono e restano un problema per l'Italia e per la Politica. Ha scritto George Orwell, il grande scrittore britannico del Novecento: "La verità è che in Dickens il giudizio sulla società è quasi esclusivamente di tipo morale. Da qui l' assenza totale di proposte costruttive in qualunque passo della sua opera. Dickens attacca la legge, il governo parlamentare, l'istruzione e quant'altro senza mai indicare esplicitamente delle alternative. Certo, formulare proposte costruttive non è necessariamente compito di un romanziere o di un autore satirico, però l'atteggiamento di Dickens in fondo non è nemmeno distruttivo. (…) In ogni suo attacco contro la società, Dickens sembra voler auspicare un mutamento della psiche piuttosto che della struttura. (…) Più sopra dicevo che Dickens non è uno scrittore rivoluzionario nel senso universalmente riconosciuto del termine. Ma non è affatto certo che una critica puramente morale della società non sia poi altrettanto "rivoluzionaria" - e la rivoluzione, dopotutto, è un rivoltare le cose - quanto la critica politico - economica che va di moda adesso". Insomma, quel "messaggio in bottiglia" di Dickens ha un fondamento morale intatto anche oggi e forse oggi più che mai di attualità. Un piccola riflessione che penso sia adatta per il Natale. Ancora auguri!