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28 dic 2014

Il Natale pensando ai bambini

di Luciano Caveri

L'altra sera ho incontrato i miei compagni di Maturità della terza B del Liceo classico "Carlo Botta" di Ivrea. Uno di loro, Gigi Chimentin di Lessolo, non lo vedevo dal 1978. Eppure, tanti anni dopo, ho riconosciuto la sua camminata, mentre si avvicinava al nostro gruppo, in attesa in mezzo alla nebbia. Abbiamo convenuto con lui di non aspettare, visto il rischio di non esserci, altrettanti anni per rivederci... Un caposaldo di queste serate venate di nostalgia, ma anche di grande divertimento perché ci si ritrova a scherzare con le stesse modalità dei tempi della scuola e dunque le lacrime agli occhi sono più per il ridere che per la commozione, è quello di parlare dei propri figli (e per alcuni di noi pure dei nipoti). Ci ripensavo a questi discorsi paterni e materni, intrisi di affetto e preoccupazioni per queste generazioni più giovani, investite da un mondo pieno di brutture e di preoccupazioni con evidenti rischi per il loro futuro, senza quel carico di ragionevoli speranze che illuminavano a suo tempo il nostro cammino verso l'età adulta. E come non collegarlo al Natale che incombe con il suo carico di retorica, in cui - almeno in apparenza - il centro sono loro, i bambini. Eppure, ancora oggi, scorrendo i giornali, trovo terribile, di questi tempi, la violenza e la ferocia verso i bambini. Che sia la foto del bambino ucciso in Sicilia dalla madre, la notizia della strage di figli di una matta in Australia, l'istantanea del bimbo bosniaco portato a combattere in Siria dal padre, ucciso nel frattempo, o del piccolo curdo che riesce finalmente a raggiungere il confine turco dopo aver vissuto orrori. La quotidianità porta purtroppo un carico atroce di dolori, che colpiscono alla gola proprio quando protagonista diventa, malgrado loro, quell'infanzia che dovrebbe essere messa al riparo e protetta. Mi veniva in mente quell'espressione ironica ma anche realistica di Paulo Coelho: "Un bambino può insegnare sempre tre cose ad un adulto:

  1. Ad essere contento senza motivo.
  2. Ad essere sempre occupato con qualche cosa.
  3. A pretendere con ogni sua forza quello che desidera". Nei miei discorsi con gli amici del passato, che restano appunto "congelati" nel loro ruolo al Liceo, come se potessimo tranquillamente ritrovarci l'indomani mattina ad entrare in classe al suono della campanella, segnalavo come se all'epoca mi avessero detto «avrai tre figli», avrei pensato che la circostanza sarebbe stata estremamente improbabile. Ed invece, per i casi della vita, ho avuto la fortuna di averli e di poter dire quanto l'arricchimento degli uni verso gli altri e viceversa sia una delle forze vitali della nostra esistenza. C'è quella frase, in parte provocatoria ma comprensibile leggendo le sue opere, di Antoine de Saint-Exupéry, che dice: "Nous n'héritons pas de la terre de nos parents, nous l'empruntons à nos enfants". Papa Benedetto XVI ha scritto della Natalità ed offre un'osservazione pertinente con questo nostro ragionamento: «Per il clima che lo contraddistingue, il Natale è una festa universale. Anche chi non si professa credente, infatti, può percepire in questa annuale ricorrenza cristiana qualcosa di straordinario e di trascendente, qualcosa di intimo che parla al cuore. E' la festa che canta il dono della vita». La vita che cresce e si sviluppa nei bambini dovrebbe essere una luce certa in questo Natale tanto evocato.