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02 nov 2014

Bastian Contrario

di Luciano Caveri

Mi è capitato spesso di essere Bastian Contrario: trovo che sia segno di vitalità e anticonformismo. Ma da dove venisse l'espressione non lo sapevo e ho cercare di scavare per capire la sua origine, considerandola - e ora si vedrà che non avevo torto - un piemontesismo, usato anche qui da noi. In una domanda sull’origine del modo di dire, così si esprime l'"Accademia della Crusca" e mi inchino alla loro scienza: "per quanto riguarda l'espressione "bastian contrario" siamo di fronte ad un meccanismo di coniazione popolare basato sulla trasformazione da nome proprio a nome comune: il punto di partenza è certamente il nome di un uomo (Bastiano, nella forma derivata da Sebastiano con caduta della sillaba iniziale) che, per la sua attitudine ostinata ad essere contrario a tutto, diviene proverbialmente il simbolo di questo atteggiamento. La derivazione dal nome proprio è dimostrata anche dalla sporadica presenza della maiuscola iniziale, riscontrabile nell'uso e registrata in alcuni dizionari". Poi si scava ancor di più nell'uso: «la prima attestazione dell'espressione "bastian contrario" risale al 28 febbraio 1819, in un intervento di Ludovico di Breme apparso sul numero 52 del giornale "Il Conciliatore" con il significativo titolo "Ai Signori associati al Conciliatore il compilatore Bastian-Contrario". Nel 1918 Alfredo Panzini, nella terza edizione del suo "Dizionario moderno", cita l'espressione popolare e dialettale "Bastiàncontrari" come "detto di persona che contraddice per sistema" e, a partire dalla settima edizione (del 1935), integra: «Bastiàncuntrari: pop. detto nelle terre subalpine di persona che contraddice per sistema. Fu in fatti un Bastiano Contrario, malfattore e morto impiccato, il quale solamente in virtù del cognome diede origine al motto". La concomitanza dell'uso dello pseudonimo-personaggio da parte di Ludovico di Breme e l'aggiunta di Panzini spingono a collocare la nascita dell'espressione nell'Italia nord-occidentale, in particolar modo in Piemonte: lo suggeriscono anche i vocabolari del piemontese che registrano in modo pressoché costante l'espressione fin dagli inizi dell'Ottocento a fronte del silenzio riscontrato negli altri dizionari dialettali e di lingua; e lo confermano anche alcuni esempi dell'uso di bastiano citati da Bruno Migliorini nella sua monografia "Dal nome proprio al nome comune" (Genève, Olschki, 1927, 230 pagine)". La diffusione poi piano piano cancella le origini: "ma bastiancontrario (o bastiancontrario) si è diffuso nell'italiano in modo così ampio da aver perso qualunque connotazione locale e da essere anzi sottoposto a vari tentativi di appropriazione regionale (ad esempio è inserito in certe raccolte lessicali toscane e fiorentine) che hanno finito per rendere ancora più difficile la ricostruzione esatta della sua origine. Sull'identificazione del personaggio si sono fatte poi infinite ipotesi: c'è chi ha proposto il brigante sabaudo Bastian Contrario, che su incarico del Duca Carlo Emanuele di Savoia avrebbe condotto dal 1671 un'azione di disturbo nelle zone di confine con la Repubblica di Genova (un'ipotesi che valorizza l'origine piemontese); altri invece, all'interno del processo di "fiorentinizzazione" dell'espressione, pensano al pittore fiorentino Bastiano da San Gallo, a causa del suo peculiare carattere...". Su "Wikipedia" si aggiunge un elemento interessante: "a Torino il Bastian Contrario (in piemontese "Bastian Contrari", pronuncia: "bastiàn cuntràri", per antonomasia è considerato il Conte di San Sebastiano, che nella battaglia dell'Assietta (1747) fu il solo a disobbedire all'ordine di ripiegare sulla seconda linea. Il gesto del Conte e dei pochi fedeli granatieri da lui comandati determinò l'esito favorevole di tutta la battaglia contro l'esercito franco-ispanico. L'episodio ha ispirato anche un altro detto tipico riferito alla popolazione piemontese, quello di "bogia nen" (pronuncia: "bùgia nèn"): l'espressione significa letteralmente «non muoverti!» e col tempo è diventato sinonimo di caparbietà (in senso positivo) o di ottusità (in senso negativo) a seconda dei contesti". Vedete, come nelle cose della vita, la possibilità di un uso duplice, persino opposto, della medesima espressione. Ecco perché messaggini, "Tweet", interventi su "Facebook", poste elettroniche e tutto il resto mai potranno superare l’espressività di un volto o la modulazione di una voce, che ci consente di distinguere come in un certo caso quella locuzione debba essere contestualizzata. E quindi bisogna sorriderne o aggrottare la fronte.