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16 ott 2014

Quando l'amore può essere terribile

di Luciano Caveri

Ogni giorno irrompono nella nostra vita le grandi tragedie collettive del mondo. Che siano le guerre, le epidemie, le sciagure naturali. Poi ci sono le storie personali, che sono spesso esemplari di un problema più grande. Ci pensavo ieri, leggendo di questa vicenda svoltasi nelle campagne della Provincia di Rovigo. Un nonno di 73 anni si è buttato in un canale con in braccio il nipotino di cinque anni affetto da una grave malattia genetica, la "sindrome di Angelman". Un caso di omicidio-suicidio che non ha nulla a che fare con certi altri delitti, perché colpisce al cuore per gli elementi di pietas che la storia innesca. Avviene una domenica: i genitori lasciano il bimbo al nonno per andare ad un convegno su quella malattia progressiva che ha colpito il loro bimbo. Chissà che cosa agisce nella mente di nonno Danillo (all'anagrafe registrato così, con due "elle") quando esce di casa spingendo la carrozzina con Davide. Ci sono avvenimenti che nessuno meglio dei giornalisti locali è in grado di raccontare, meglio anche dei grandi inviati dei giornali per i quali "l'immersione" è un "mordi e fuggi". Perché il cronista del posto conosce le persone e i luoghi ed è in grado di ricostruire situazioni e descrivere i fatti con particolari che ce li avvicinano. Così un articolo non firmato di rovigooggi: "Triste incombenza per l'ispettore della Polstrada di Badia Polesine Alberto Cappellini nel riconoscere il suocero annegato con il nipote in Adigetto lungo la ciclabile di Lendinara verso Villanova del Ghebbo. Avvistati sull'acqua del canale due corpi da Nicola Pavan di Lendinara che ha dato l'allarme mentre stava facendo jogging. Al vaglio degli inquirenti le ipotesi di sciagura o gesto estremo dell'uomo". Poi il racconto dettagliato: "Quando i vigili del fuoco li hanno individuati erano ancora stretti in un ultimo, disperato abbraccio. Sono Danillo Giacometti, 73 anni, di Lendinara, tecnico del settore saccarifero in pensione, residente in via Mosca, e il piccolo Davide Giacometti, cinque anni, residente coi genitori a Spinea in via Omerighi. Sull'accaduto sono in corso tutti gli accertamenti del caso, affidati ai Carabinieri della stazione di Lendinara e ai colleghi di Rovigo. Anche il sostituto procuratore Monica Bombana, alla luce della gravità dei fatti, ha voluto essere presente e visionare la scena del ritrovamento dei due corpi, guidata dagli investigatori. A identificare i due è stato Alberto Cappellini, ispettore capo della polizia stradale di Badia Polesine. Danillo Giacometti, il nonno, è suo suocero. Non è stato un ritrovamento casuale. Il passeggino del piccolo Davide era stato notato poco prima, non distante dal canale a Lendinara. E non si riusciva a trovare neppure Danillo. Così il tragico sospetto che fosse accaduto qualcosa di grave si è fatto strada nei parenti, che hanno avviato le ricerche". Notate come il termine "passeggino", mentre si tratta in tutta evidenza di una "carrozzina", sembra quasi far parte dei coinvolgimento emotivo di chi racconta. Spostiamoci più avanti: "Il primo a lanciare l'allarme per i due corpi nell'Adigetto è stato Nicola Pavan, un giovane con l'hobby del podismo che domenica nel primo pomeriggio stava correndo sulla ciclabile che fiancheggia il canale. «Mi mancavano gli ultimi due chilometri circa per arrivare - racconta - Stavo "pompando" con convinzione, mi dicevo "dai che questa volta fai il tuo record!». Poi ha visto cosa c'era in acqua. «Assieme a me ha visto anche un altro ragazzo - prosegue - Prima si è notato con chiarezza il corpo del nonno, poi abbiamo capito che ci doveva essere anche un bambino, perché si vedeva spuntare un braccio che lo teneva stretto dietro la schiena». Immediata è partita la chiamata ai Carabinieri. «L'ho fatta io - conferma Nicola - Non è stato immediato raggiungere il posto». Il sopralluogo dei Vigili del fuoco e carabinieri ha confermato il peggiore sospetto: i corpi erano due. «E' stata una visione che mi ha colpito duro - chiude Nicola - Me la rivedo ancora davanti agli occhi, come se avessi scattato una foto»". Questa storia del l'abbraccio mortale, terribile e affettuoso, mi ha colpito molto. Non mi avventuro in discorsi avventati in questo grumo di dolore e disperazione. Penso solo ai genitori e a come e da chi saranno stati avvertiti e al loro duplice, indicibile dolore per questa vicenda. Resta, come scolpita nelle coscienze di ciascuno di noi, l'aspetto cangiante e multiforme dell'amore: un sentimento che ti fa fare anche cose terribili.