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16 ott 2014

Genova dolente

di Luciano Caveri

Se penso a Genova, città dolente per via dell'ennesima inondazione "annunciata", ci sono due aspetti che mi colpiscono. Benché originari di Moneglia, i Caveri hanno operato in quella città per secoli: penso al celebre cartografo Nicolò Caveri, amico di Cristoforo Colombo, che agì nella seconda metà del XV secolo o al fratello del mio bisnonno, Antonio, politico e giurista di fama (deputato, senatore, primo Presidente della Provincia e Rettore dell'Università) e al fratello di mio nonno, l'avvocato Alessandro Caveri, principe del Foro genovese. Ma con quel che resta del ramo ligure della famiglia ho flebili rapporti a causa delle generazioni che sono trascorse. Eppure, ogni volta che mi è capitato di essere a Genova (e maggior ragione a Moneglia) ho avuto un senso di familiarità, quella logica dei déjà vu di cui ho già avuto modo di parlare. La seconda è inerente i fatti. Intendiamoci: tragedie dovute allo scatenarsi degli elementi naturali ci sono sempre state. Basta in Valle d'Aosta vedere le annotazioni tenute dai parroci, prima che i giornali diventassero la fonte principale della cronaca. Così è accaduto anche a Genova, a leggere chi in queste ore ha fatto ricerche sul passato. Ma è indubbio che ci sia un quid in più in questi anni: i cambiamenti climatici innescano fenomeni disastrosi, che paiono essere più frequenti e con i quali dobbiamo convivere, senza più immaginare che siano eccezioni su scala secolare. Così a Genova, come in Valle d'Aosta e dappertutto, bisogna agire nella fase preventiva, facendo tesoro delle sciagure subite e avendo consapevolezza che mai il rischio si azzera del tutto, specie di fronte ad eventi atmosferici fuori dall'ordinario. Mai questo in Italia non si riesce a fare per almeno due ragioni. La prima è che le procedure degli appalti, già squilibrate verso la logica del ribasso e poco verso qualità delle imprese e le reali capacità di costruire i manufatti, sono in balia di mille eventi. Questo allunga i tempi e aumenta i costi. Le sciagure tornano prima che siano state realizzate le opere indispensabili per evitarle. Secondo aspetto: i soldi e i meccanismi di spesa. Sulla difesa del suolo (che poi sono anche le persone!), dopo l'alluvione del 2000, la Valle d'Aosta aveva fatto studi e monitoraggi che avevano dimostrato costi stratosferici per la messa in sicurezza, oltre ai molti lavori già fatti in pressoché totale autofinanziamento regionale. Ebbene: lo Stato ha promesso e non mantenuto e, negli ultimi anni, ha pure tagliato in modo draconiano i trasferimenti e messo in piedi quei meccanismi di controllo del "Patto di stabilità", che congelano anche lavori pubblici indispensabili, come quelli per la messa in sicurezza del territorio, se anche ci fossero i soldi... Così a è capitato va Genova e avverrà dove il Destino colpirà in futuro e ogni volta non resta che piangere (coccodrilli compresi...). Sapendo che anche i tagli alla "Protezione civile" nazionale sono il segno evidente del paradosso italiano di un riformismo senza priorità e spesso solo verbale. Ogni volta, quando le ferite sono aperte, si annunciano in Italia grandi novità e poi - per ripetute volte - "passata la festa, gabbato lo santo". Ma è meglio forse, nel descrivere la situazione, usare lo spirito pungente genovese: "I gondoin e i funzi náscian sensa semenali" (Gli stupidi e i funghi nascono senza seminarli). Stupidità che non copre le responsabilità penali.