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08 ott 2014

Francesco Serra racconta...

di Luciano Caveri

Cominciamo dall'autore: Francesco Serra (di Cassano, ma questa parte del cognome la omette), classe 1964, romano ormai a tutti gli effetti. Lo conosco dagli inizi degli anni Novanta, quando lavorò al "Gruppo misto", di cui ero presidente alla Camera. Giornalista, esperto in comunicazione ed animatore culturale, dirige oggi la componente amministrativa del Gruppo parlamentare di "Scelta Civica" a Montecitorio e da alcuni mesi ha mostrato una vena di romanziere. Passammo negli stessi uffici una decina di anni, attraverso tutti gli anni Novanta, sino al 2001, quando lasciai il mandato di deputato a Roma. Anni complessi, a cavallo fra Prima e Seconda Repubblica, con la cesura di "Tangentopoli" ed un forte cambiamento nella politica italiana, che ora ha portato, dopo mille vicissitudini, ad una situazione di attesa. Anche se non si sa bene di che cosa. Risultano anni incomprensibili, se non si studiano i precedenti anni Settanta e Ottanta, che la generazione mia e di Francesco ha attraversato con la leggerezza della gioventù. Ed è interessante e persino emozionante che quel periodo - diciamo dal golpe cileno del 1973 alla caduta del muro di Berlino del 1989 - sia al centro del romanzo "Tutta colpa di Berlinguer", in cui Serra distilla molte delle esperienze di quegli anni. Come con la "madeleine" di Marcel Proust, leggere il libro è una sferzata di ricordi e stendersi con essi sul lettino dello psicoanalista e vedere, di conseguenza, la registrazione di quei tempi con i pensieri, le idee, le speranze e le mode di quella che viene giustamente definita l'ultima generazione assorbita in gran parte dalla militanza politica. Rispetto - questo è quel che conta - all'attuale catatonia. Berlinguer, morto per un ictus nel 1984, ultimo grande leader del Partito Comunista Italiano, diventa un fil rouge del racconto di un gruppo di persone, che evoca più in generale storie e fantasmi degli "anni di piombo", in un mondo che cambiava e in un'Italia che faceva i conti con trasformazioni economiche e sociali profonde. E sulla barca, con il nostro entusiasmo e le nostre paure, c'erano ragazzi come me e Francesco, che racconta di allora con nostalgia, ma senza farsi degli sconti e evoca anche il comune disincanto di oggi in questa "terra di mezzo" per la politica. Quelle generazioni avevano maturato uno spessore di conoscenze incredibile nel confronto con i "vecchi" e con i propri coetanei. Io ho avuto la fortuna di vedere in azione i buoni e i cattivi della vecchia politica e poi di frequentare i "nuovi", sia vincenti che perdenti. Nel libro si trovano tappe importanti del percorso ed è la prima volta che in molte parti mi rivedo, come allo specchio o come in un filmato d'epoca di "come eravamo". Interessante è ricordare la stagione del "compromesso storico" per riflettere anche oggi di come certi accordi ad ampio spettro - in parte ciò avviene oggi nel rampante "renzismo" o pure, come ipotesi di cui si vocifera, nella discussione politica in Valle d'Aosta - vadano ben meditati, perché possono diventare espressione del peggio del peggio, Consigliando la lettura del libro, vorrei aggiungere due cose. Anzitutto il testo si presta ad una fiction televisiva, che sviluppi quegli anni come vissuti con il cuore dei ragazzi di allora. E poi va ricordata la strana storia del libro, che per varie vicissitudini non nasce come libro stampato, ma come "ebook" su "Amazon" ad un prezzo politico. Un fenomeno per tutta l'estate, che svetta nelle classifiche di vendita dei libri digitali e solo in seguito diventa opera cartacea. Onore, dunque, a Francesco, sorridente cinquantenne che affronta la vita con la solita verve e una dose di ironia come vaccino per la vita. Ha saputo cavalcare quegli anni con la freschezza di una storia, in parte anche autobiografica, che fa venire il magone e fa anche sorridere chi allora c'era e ritrova nelle pagine dei pezzi indelebili della propria vita.